No al superstato europeo

Di Rodolfo Casadei
25 Agosto 1999
Un’Europa omologata, più simile all’Impero cinese che a un prodotto della democrazia. L’Unione Europea così come si sta facendo tradisce le caratteristiche che hanno fatto grande il continente: la libertà e la pluralità all’interno della comune civiltà. E sta producendo una nuova classe dominante consociativa, formata da euroburocrati e grande impresa. Parola dell’ autore del “Direttorio Euro-scettico”.

Possiamo essere leali all’Europa solo se preserviamo il suo spirito e la sua eredità… Il policentrismo è l’essenza dello spirito dell’Europa. Cercare di organizzare l’Europa centralmente, sottomettere il continente a una burocrazia di pianificazione economica e saldarlo in un unico blocco non sarebbe nient’altro che un tradimento dell’Europa e del patrimonio europeo”.

Capita di rado che un inglese citi con entusiasmo un autore tedesco, ma l’avvenimento non è affatto insolito se il tedesco si chiama Wilhelm Roepke, economista e filosofo liberale degli anni Cinquanta critico dell’unificazione europea, e se l’inglese si chiama Chris R. Tame, direttore di Libertarian Alliance (“il più radicale think-tank a favore dell’economia di mercato e delle libertà civili”, come l’organizzazione si autodefinisce), e autore di The Euro-Sceptical Directory, un testo che riunisce la bibliografia esistente e l’elenco di tutte le organizzazioni, le pubblicazioni e i siti Internet euro-scettici del mondo anglosassone.

Mr. Tame, Roepke scrisse quelle parole quarant’anni fa, quando il progetto di unificazione europeo poteva essere equivocato alla luce degli avvenimenti della Seconda Guerra mondiale e della pianificazione economica in voga nei paesi socialisti. Oggi si discute di fare dell’Unione Europea uno stato federale e nel Trattato di Maastricht si proclama il principio di sussidiarietà.

Le parole di Roepke sono ancora attualissime, perché fotografano la storia. Se noi consideriamo le vicende storiche, vediamo che la Cina ha smesso di progredire e ha perduto la sua influenza sul continente asiatico perché l’Impero Cinese era rigidamente centralizzato e imponeva ovunque gli stessi regolamenti e gli stessi standard. Invece l’Europa è sempre stata fortemente decentrata: dentro all’intelaiatura di una comune civiltà si è potuto sviluppare il massimo di diversità.

È questo che ha prodotto la grandezza dell’Europa e le ha assegnato un ruolo dominante nel mondo attraverso le sue nazioni. Oggi invece si vuole fare un’Europa che assomiglia all’Impero cinese: stesse regole minuziose per centinaia di milioni di persone. Quanto al federalismo, per voi italiani quello che si sta facendo a Bruxelles può anche apparire un passo in avanti, ma col federalismo non c’entra proprio nulla: l’Europa voluta da Delors è fatta come una piramide dove il potere sta al vertice e scende verso il basso. La Commissione, che nessuno ha eletto, prende le decisioni per tutti. La Banca centrale europea decide lo stesso tasso di interesse per tutti, senza considerare che ci sono paesi in pieno boom economico come l’Irlanda e altri in fase recessiva come la Germania, che avrebbero bisogno di trattamenti completamente diversi. Anche per quanto riguarda il principio di sussidiarietà, io vedo che i fatti sono molto diversi dalle parole. Ma purtroppo nel mondo anglosassone il dibattito sulla sussidiarietà non esiste, perchè la parola è estranea alla nostra tradizione culturale non cattolica. Da noi si parla di decentrism e polycentricity.

In Italia molti ancora sperano che l’Europa ci dia o almeno favorisca quelle riforme liberali che il potere statale e consociativo non vuole concedere: un mercato del lavoro più flessibile, la parità scolastica, meccanismi di spesa pubblica federalisti, la riforma delle pensioni, eccetera.

E’ una speranza mal riposta. L’idea che l’unificazione europea avrebbe portato alla creazione di un mercato veramente libero e a un ordine sociale più liberale si è rivelata un errore. La retorica dell’economia di mercato su scala continentale è stata soltanto un’astuzia tattica per occultare il vero progetto: la creazione di un Superstato europeo, che sarebbe una vera tragedia per il continente.

Le riforme liberali dovete darvele da soli voi italiani, come devono darsele tutte le altre nazioni europee. Non potete aspettarvi che Bruxelles le faccia per voi, perché la burocrazia è intrinsecamente incapace di produrre libertà, e Bruxelles è burocrazia nella sua espressione più pura.

Lei, come altri critici soprattutto britannici, denuncia l’avvento di un Superstato europeo sostanzialmente liberticida. Ma chi avrebbe interesse a portare avanti un progetto di questo genere?

Molti qui in Gran Bretagna continuano a pensare che l’Unione Europea sia un complotto franco-tedesco per realizzare un’egemonia franco-tedesca sull’Europa e per fare a pezzi la sovranità britannica. Io invece tendo a credere che il Superstato europeo sia nell’interesse di una classe dominante transnazionale che si sta formando: si tratta di un insieme di politici, burocrati e grandi industriali di tutte le nazionalità che stanno dando vita a un regime consociativo, nel quale Bruxelles promuove direttive e regolamenti che spazzano via dal mercato la piccola e media impresa a favore della grande impresa, e in cambio gli industriali appoggiano tutti i provvedimenti per una maggiore integrazione e omologazione europea e sviluppano i loro progetti e le loro ricerche all’ombra dei governi e di Bruxelles. Non è un caso che la BCI (la Confindustria britannica – ndr) appoggi acriticamente la politica europeista di Blair. Andiamo verso un’Europa corporativa e neo-mercantilista, dove non ci sarà affatto competizione economica e libertà di mercato, ma la grande impresa sarà sempre in vantaggio sulla piccola impresa. Per voi italiani è finita, ma forse non ve ne siete ancora accorti.

Molti parlano di una crescente influenza britannica sull’Europa e anche sull’Unione Europea. Cosa ne pensa?

E’ una sciocchezza, la verità è che il governo inglese è nella tasca degli americani, e farà sempre quello che gli americani dicono. Stanno emergendo le prove che la nascita del New Labour di Blair e Mandelson è stata favorita in tutti i modi dalla CIA. Le farò avere del materiale che lo dimostra. I nostri politici si stanno crogiolando in un machiavellismo di bassa lega, ma a livello europeo i francesi e i tedeschi continuano ad esercitare molta più influenza di quanta ne vogliano vantare gli inglesi.

Mr. Tame, lei critica l’integrazione europea, ma non si può negare che la riconciliazione franco-tedesca e cinquantaquattro anni di pace nell’Europa occidentale sono passati attraverso l’Unione Europea.

No, sono passate attraverso la democrazia. Non è l’esistenza delle nazioni che provoca la guerra, ma l’ideologia nazionalista che può prendere il sopravvento all’interno di esse. Nel momento in cui i paesi dell’Europa occidentale hanno rinunciato a organizzarsi in regimi nazionalisti e hanno scelto la democrazia, la minaccia della guerra è venuta meno.

Perché i paesi democratici sanno che non è nel loro interesse farsi guerra: né economicamente, né politicamente. Perciò non è l’Unione Europea che ha riconciliato francesi e tedeschi, ma la democrazia.

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