
Spazio alla libertà
Vittorio Messori, lei si definisce un “cattolico sciolto”, senza etichette, amico del Meeting. Perché?
Perché è uno spazio di libertà, ma anche un momento di reazione al plumbeo conformismo del “politicamente corretto”, al perbenismo umanista e buonista che è diventato il pensiero – se pensiero è – di tante parti del mondo cattolico.
Ora ha accettato di fare da testimonial al Meeting. Perché?
Ciò che va recuperato è quanto meno il “sospetto” che possa esistere una lettura cattolica degli uomini e della loro storia, che esista una prospettiva basata sul Vangelo, e mi pare che il Meeting in questi anni (in mezzo a tanti errori, naturalmente, come tutte le iniziative umane) abbia avuto tante grandezze, sia pur insieme a delle miserie, a dei limiti. Ma questo tentativo di recuperare una prospettiva cattolica mi pare ci sia stato. Un tentativo prezioso non solo per i credenti, ma per tutti. È il famoso discorso del sale che diventa insipido, ne ha parlato “Qualcuno” in certi “libricini”, aggiungendo che il sale diventato scipito non serve a nessuno. No?
Lei si è anche auto-nominato rappresentante delle “vittime del Meeting”…
Sono stato vittima di una campagna di demonizzazione per aver detto cose – allora – indicibili, come l’auspicio di un bel processo di Norimberga per i Padri della Patria. Oggi ci penso con molta ironia, perché una frase come quella sarebbe adesso accolta molto diversamente, ma allora francamente mi levarono il pelo. Però anche questo dimostra almeno una cosa, che il Meeting è fra le poche iniziative cattoliche che attragga l’attenzione dei giornali, anche se poi viene strumentalizzato e deformato, e dall’altro lato dimostra pure che resta un autentico spazio di libertà.
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