
dal mondo 22/99
Italia e Sudafrica:
così diverse, così simili Difficile immaginare due paesi più diversi di Italia e Sudafrica: la storia, la composizione razziale, la religione e la geografia ne fanno due mondi assolutamente lontani. Il Sudafrica è un paese che ha conosciuto l’apartheid, dove il suffragio universale è stato introdotto soltanto nel 1994 e l’attuale partito di maggioranza, l’Anc, ha vinto le elezioni del 2 giugno scorso col 66% e passa dei voti; dove una donna su tre perde la verginità a causa di uno stupro e viene ucciso un poliziotto al giorno; dove gli studenti di un’università danno fuoco agli uffici del campus perché l’amministrazione si rifiuta di concedere loro 30 lattine di birra a testa per un party; dove l’80enne capo dello Stato e liberatore della patria, Nelson Mandela, rinuncia alla conferma alla presidenza, che sarebbe stata plebiscitaria, e si ritira quietamente a vita privata come un bravo Cincinnato. Tutte cose mai successe in Italia e che mai potrebbero accadere, soprattutto l’ultima (do you remember Oscar Luigi Scalfaro?). Eppure fra la vita politica italiana e quella sudafricana si danno una serie di analogie curiose e sorprendenti. Per rintracciarle basterebbe dare un’occhiata ad alcune testate anglosassoni come Financial Times, International Herald Tribune, The Economist, Africa Confidential.
D’Alema e Mbeki:
stessi amici, stesse rogne In Sudafrica, come in Italia, è al potere una coalizione di sinistra egemonizzata da una singola forza (l’Anc, African national congress) che per molti decenni è stata costretta all’opposizione (e per quasi trent’anni alla clandestinità). È un governo che deve rassicurare gli imprenditori e gli americani, storicamente diffidenti verso una forza politica che ancora negli anni Ottanta predicava la nazionalizzazione delle industrie strategiche. E lo ha fatto attraverso una Costituzione che riconosce la proprietà privata e attraverso legami speciali con gli Stati Uniti. Ma deve rassicurare anche il sindacato e il Partito Comunista, storici alleati della sua lotta. Ecco allora che le politiche occupazionali non creano nuovi posti di lavoro, ma anzi li distruggono (meno 500mila fra il ‘94 e oggi) perché i sindacati si oppongono a qualunque forma di flessibilità.
Tutto si ricicla, da Cossiga a Buthelezi Altra caratteristica “italiana” dell’Anc è la sua prerogativa purificatrice: chiunque si pone sotto la protezione del partito di Mandela, viene istantaneamente assolto da tutte le sue colpe presenti e passate, così come in Italia tutti i politici che si schierano con l’Ulivo diventano immediatamente “presentabili” e “democratici” anche se in passato Ds e affini li hanno accusati di ogni nefandezza: vedi i vari Cossiga, Dini, Mastella, D’Amato, Martelli, eccetera. In Sudafrica Mbeki ha deciso di nominare vicepresidente Mangosuthu Buthelezi, leader del partito zulu Inkatha, i cui sostenitori per oltre dieci anni si sono battuti armi alla mano contro i militanti dell’Anc in un conflitto che ha provocato più morti (se ne stimano 20mila) di quanti ne abbia causati la repressione governativa diretta. In molti casi, del resto, gli uomini di Buthelezi operavano d’intesa con le forze di sicurezza del regime di Pretoria: non importa, pur di arrivare a un accordo politico con gli zulu del Natal fedeli a Buthelezi, l’Anc ha messo una pietra sull’ingombrante e recente passato di colui che fino a ieri era bollato come collaborazionista dei bianchi.
Razzismi, leghismi e “quote” razziali Anche il Sudafrica ha la sua Lega Nord. Si chiama Freedom Front, è capeggiata dall’ex generale Costand Viljoen e chiede di ritagliare entro i confini attuali uno “stato per soli bianchi”. Però alle elezioni ha ottenuto meno del 3% e non ha nessuna speranza di vedere esauditi i suoi desideri. Ma a voler essere cattivi, il partito sudafricano col programma più simile a quello di Bossi sembra essere l’Anc di Mbeki e Mandela. Poco prima delle elezioni ha approvato una legge che intima alle aziende private con più di 50 dipendenti di effettuare le assunzioni in modo tale che i vari gruppi di popolazione siano equamente rappresentati. Ciò significa che d’ora in poi la manodopera delle fabbriche e gli impiegati degli uffici dovranno essere neri al 76%, bianchi al 12% e meticci all’8,5%, con tanti saluti alle capacità professionali. È un po’ quello che la Lega vorrebbe fare negli uffici pubblici del nord Italia. Ma non vorrete mica dire che Mandela e Mbeki sono razzisti…
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!