
Grigia è la teoria, verde l’albero della tenerezza
Cara Flannery O’Connor, una giornalista affermata, Lidia Ravera, ha intervistato su “Sette” del 27 maggio un Suo collega chiaramente vivente, Giorgio Montefoschi, nell’ambito di un’inchiesta denominata, non so bene perché, “maledetta gioventù”. Io non conosco questo scrittore, ma sono venuta a sapere che, oltre ad avere pubblicato dieci romanzi, vincendo, meritatamente, il premio Strega nel 1994, “ha coperto cariche rilevanti alla Rizzoli, ha lavorato con Minoli alla Rai”, ecc…ecc… . Il fatto è che, con tanto di curriculum come questo, Montefoschi sostiene che, come diceva anche Elsa Morante, noi abbiamo bisogno “dell’unico vero rivoluzionario…Cristo, perché non voleva prendere il potere”. Quasi a dire: il potere deve rimanere in mano a chi già lo possiede, e non venga questo Cristo a scocciarci… . Ma non volevo pararLe di contraddizioni come queste, quanto di quel che lo scrittore dice, dapprima con grande tenerezza, a proposito dei bambini: “Adesso resto sveglio a pensare al mio nipotino, al suo uso ancora non corrotto delle parole, alle prime ferite del mondo su di lui…quando cerca con gli occhi qualcuno che non trova…”. E’ evidente che Montefoschi ama il suo nipotino e lo vuole difendere dall’oltraggio e dalle sofferenze del mondo. Ma egli stesso conclude, però, con questo “messaggio per i giovani: siamo figli del nulla noi, loro, siamo figli di una quotidianità senza scosse, non dobbiamo avere paura di questo, di questa calma piatta”. Che ne pensa di questa difesa dei bambini e di questo mondo tenerissimo, senza imperfezioni e figlio del nulla?
Caterina de Leonardi – Vignola (Sassari) Carissima Caterina, Nel racconto di Nathaniel Hawthorne “The Birthmark”, il protagonista, lo scienziato Alymer, “un giorno sedeva fissando la moglie con aria sempre piu preoccupata, finché disse: “Georgiana, non hai mai pensato che quel segno sulla tua guancia potrebbe essere rimosso?”. “Veramente no” rispose con un sorriso; ma poi, percependo la serietà del suo tono, arrossì profondamente. “A dire il vero, è stato tanto spesso definito un vezzo che, nella mia grande ingenuità, ho immaginato che tale potesse essere”. “Ah, forse su un altro viso’ replicò suo marito, “ma non sul tuo. No, carissima Georgiana, tu sei uscita così perfetta dalla mano della Natura, che il più lieve difetto, che noi siamo persino incerti se definire un difetto o un vezzo, mi urta, quasi fosse il segno visibile dell’imperfezione terrena”. “Ti urta marito mio!” gridò Georgiana, profondamente ferita, dapprima arrossendo in un’ira momentanea, ma poi scoppiando in lacrime. “Allora perché mi hai preso dal fianco di mia madre? Tu non puoi amare ciò che ti urta!”. Una delle tendenze della nostra epoca è quella di usare la sofferenza dei bambini per screditare la bontà di Dio e, una volta che si è screditata la sua bontà, la si è fatta finita con Lui. Gli Alymer che Hawthorne vedeva come una minaccia si sono moltiplicati e, tutti presi ad eliminare le imperfezioni umane, stanno facendo piazza pulita anche della materia prima del bene. Ivan Karamazov non può avere fede, finché un solo bambino subisce dei tormenti; l’eroe di Camus non puo accettare la divinità di Cristo a causa del massacro degli innocenti. In questa pietà popolare si misura la nostra crescita di sensibilità e la nostra perdita di visione. Se altre epoche hanno sentito meno, hanno però visto di piu, anche se hanno visto con l’occhio cieco, profetico e non sentimentale dell’accettazione, vale a dire della fede. In assenza di tale fede oggi noi ci lasciamo guidare dalla tenerezza, una tenerezza che, da tempo ormai recisa dalla persona di Cristo, è tutta avvolta dalla teoria. Quando la tenerezza viene staccata dalla sorgente della tenerezza, il suo esito logico è il terrore, finisce nei lager e nei fumi delle camere a gas. Con grande affetto.
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