
le origini del totalitarismo
Ho incontrato il mio amico J.
a Belgrado. È passato a salutarmi prima di lasciare la Jugoslavia.
J. è un magistrato ancora giovane, uno di quelli che in Kosovo sono stati trasferiti per punizione.
“Me ne vado – mi ha detto – perché non posso far finta di non aver visto. Ero testimone mentre la polizia si insediava. Abbiamo visto gli albanesi portati nelle stazioni di polizia. Li abbiamo visti uscire rotti. Io, i portinai, impiegati, amministratori. Tra noi non ne abbiamo mai parlato, mentre loro entravano non una singola parola. Impiegati pigri autorizzavano poliziotti a prender possesso degli alloggi; mettevano timbri sulle carte che significavano condanne a morte con la stessa indolenza con la quale prima le mettevano sulle bollette della luce da pagare:
era solo ordinario lavoro d’ufficio. Rileggiti Hannah Arendt, perché ha capito tutto.
È la terribile banalità del male”.
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