
Ho fatto un sogno (e non era l’Unione Europea)
«Viri fortissimi sunt Belgi», dice Giulio Cesare nei Commentari. Però ricordo che, quando ero parlamentare europeo, questa frase significava che non erano proporzionalmente intelligenti. Ci vuole del coraggio per lo Stato che ha realizzato la più perfetta divisione etnica esistente in Europa, ben prima di quelle postjugoslave, quella tra francofoni e olandofoni, per proporre una Carta dell’Unione Europea poco dopo che è bastata una piccola maggioranza irlandese a mettere in nulla il Trattato di Nizza. È praticamente certo che quando la Carta sarà redatta sarà puntualmente bocciata dagli elettorati. L’idea di una federazione di Stati Europei che abbia qualche forma di Stato non è più accettata dagli europei. La federazione europea è un “dio che ha fallito”. Il fatto che a redigere la Carta siano stati preposti tre vecchi politici ampiamente sconfitti nei loro paesi, come Giscard, Amato e Delahene indica che la Carta europea è solo un buco che vuol coprire un vuoto. La Commissione costituzionale ha il sapore del gesto dell’addio. Infine ciò che non riuscì ad Augusto, a Carlo Magno, a Carlo V a Napoleone ed a Hitler mediante la grande arma della potenza militare, non può essere ottenuto con la debole arma del consenso elettorale. L’unica realtà in Europa che esiste è la Nato, cioè l’impero americano, l’unico federatore possibile. Ma che non ha bisogno altro che di Stati nazionali efficienti. Se infine il grande compromesso militare con la Russia prenderà forma, avremo qualcosa come una “sinfonia” l’Impero d’Oriente e l’Impero d’Occidente: magari in quella occasione sarà possibile la grande impresa di superare il Cerulario ed il cardinale di Silva Candida e ristabilire la comunione con Roma, Mosca e Costantinopoli. Tra i sogni che vedo possibili è piuttosto il ritorno dell’aquila bicipite, l’aquila romana, presente sia nel simbolo americano che nel simbolo russo. Credo che nei prossimi anni i due polmoni della Chiesa, come li ha chiamati Giovanni Paolo II, comprenderanno che non possono che respirare assieme. Roma, dopo la secolarizzazione postconciliare, ha bisogno dell’ortodossia grecoslava, come l’Oriente grecoslavo ha bisogno dell’universalità latina. Sono sogni ma almeno non incubi come il mandato di cattura europeo, proprio il tipo di quel super Stato europeo che gli elettori hanno mostrato di non volere. D’altro lato, la questione islamica si è appena aperta. E non si chiuderà tanto presto. E le quinte colonne islamiche nella «terra della guerra», come l’Islam chiama i paesi cristiani si faranno sentire. L’America ha salvato un’altra volta la Cristianità dichiarando la guerra senza quartieri al terrorismo islamico. È in questa guerra che si fa la storia, non ai vertici di un sogno fallito composto di un Parlamento fittizio, di una burocrazia reale, e di un federalismo mistificato. Quando compaiono le guerre, esse decidono sempre la storia, sono l’estrema arma della Provvidenza, la “mano sinistra” di Dio, come diceva Lutero. Bin Laden potrà essere vivo o morto, ma ormai la potenzialità terroristica dell’islam ed il suo odio contro l’Occidente sono apparsi in piena luce. Gli Stati di popolazione islamica saranno i primi a dover fare i conti con le moschee e le prediche militanti degli imam del venerdì. E che non si sappia ancora in Italia che le moschee sono il luogo della essenza religiosa politica militante dell’islam fa impressione. Il Parlamento ha preso la decisione di cancellare il terreno per le moschea di Napoli. Si deve sapere che le moschee saranno i luoghi che saranno usati contro di noi, è troppo che ciò avvenga con fondi pubblici.
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