Quell’angelo ambiguo di Cacciari (gran seduttore di preti)

Di Gianni Baget Bozzo
21 Febbraio 2002
Ero all’ospedale San Raffaele quando don Verzè, che ringrazio ancora della sua ospitalità e della cordialità efficace della sua équipe chirurgica, mi disse che avrebbe fatto al San Fedele una Università e che l’avrebbe affidata a Massimo Cacciari

Ero all’ospedale San Raffaele quando don Verzè, che ringrazio ancora della sua ospitalità e della cordialità efficace della sua équipe chirurgica, mi disse che avrebbe fatto al San Fedele una Università e che l’avrebbe affidata a Massimo Cacciari. Credo di aver detto «vade retro Satana»: e non perché veda nel mio amico Massimo Satanasso, ma un magnifico seduttore di preti questo sì. Quando vede un prete, un vescovo, un cardinale, Massimo diventa come il serpente nel giardino dell’Eden: promette loro di trovare il grosso corpo del Cattolicesimo, debitamente assottigliato, nelle file del postmoderno.

Le capacità di Massimo di sedurre i preti sono infinite e credo di essere stato uno dei primi sedotti, tanto che conservo, dei giorni della seduzione, un sentimento di amicizia. Massimo ha imparato l’uso fantasmagorico del linguaggio teologico, lo scorpora da ogni realtà, lo fa diventare pura immagine. Ricordo che Giovanni Tassani, quando era assessore al comune di Forlì, ci invitò a parlare di angeli e Massimo parlò degli angeli come un angelo, sembrava che fosse un loro abituale frequentatore. Io dovevo parlare degli angeli veri, lui degli angeli d’immagine, degli angeli come figure linguistiche indefinitamente plastiche e servizievoli, simboli dell’assenza e della presenza di Dio. Cacciari sa che il linguaggio cristiano è un linguaggio complesso e sa parlare teologicamente su Dio come Essere e misticamente su Dio come Nulla sull’esempio di Dionigi. Massimo ha una capacità naturale per l’immaginario religioso, per la sua leggerezza, per la sua capacità di alludere. Ci vuole il doppio peso dell’Antico Testamento e della metafisica greca per garantire il livello di “terrestrità” del linguaggio escatologico cristiano. Non mi meraviglia che don Verzè abbia intuito che porre al servizio del San Raffaele una figura così splendidamente ambigua offra una convergenza in ogni direzione. Don Verzè ha un vivo senso del mercato e Cacciari è sul mercato, nel senso che è senza occupazione. Competere con Galan nel Consiglio regionale veneto deve pesare a Cacciari, toglie all’orgoglio della sinistra postmoderna ogni fascino. Almeno Vattimo parla in sede europea. Cacciari si è stancato di “ciacolare” in Veneto. Don Verzè e Cacciari, una fantastica coppia da cui ci attendiamo qualcosa che ci sorprenda. Non è facile oggi.

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