No es facil vivere e morire a Cuba

Di Fabio Cavallari
24 Aprile 2002
“Sono l’ideologia e l’embargo le due cause della povertà dell’isola caraibica”

No es facil. Non è facile ci hanno ripetuto i cubani di Camaguey, dell’Avana di Santiago de Cuba, di Trinidad. Non è neppure facile raccontare la vita dell’isola, è forte il rischio di cadere in giudizi stereotipati che vanno dall’esaltazione del “socialismo caraibico” alla condanna preconcettuale ed ideologica del regime castrista. Camminando per le strade di Cuba puoi trovare ancora chi orgogliosamente rivendica le ragioni e l’attualità della “revolution”, puoi carpire la generosa affermazione di una dignità individuale e collettiva e di una sovranità nazionale che era stata calpestata sin dall’epoca coloniale. Contemporaneamente non puoi ignorare la povertà, il diffuso contrabbando di ogni genere vendibile e la carenza di quei beni che noi occidentali consideriamo di utilizzo quotidiano. L’allegria, la generosità, il folclore, ma anche la miseria delle case cubane, la precarietà dei mezzi di trasporto e l’assenza di un regime pluralista sono la fotografia istantanea di Cuba.

Ma quando si parla dell’isola sarebbe necessario tenere sempre presente due aspetti assolutamente fondamentali: l’embargo che dura ormai da più di quarant’anni e la collocazione della stessa, nell’area dei paesi del Terzo Mondo. In ogni caso, come qualunque osservatore che non sia incommensurabilmente fazioso può verificare, Cuba vanta una condizione sociale come nessun altro Stato dei Paesi poveri e una politica sanitaria all’altezza dei più grandi paesi industrializzati: basta paragonare il suo tasso di mortalità infantile con quello di tutto il continente latino-americano, oppure guardare il suo livello di scolarizzazione. “No es facil” visitare Cuba e rimanere indifferenti alla sua storia ma è ancora più difficile non subire il fascino della sua gente, qualunque sia il nostro orientamento politico.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.