L’utopia della regola

Di Gianni Baget Bozzo
15 Gennaio 2004
Un fantasma si aggira per l’Europa

Un fantasma si aggira per l’Europa: il fantasma del comunismo che non c’è più. Il comunismo è morto, il comunismo è vivo e cammina accanto a noi. Questo hanno voluto dire le migliaia di visitatori alle tombe di Rosa Luxemburg e di Karl Liebneckt a Berlino per ricordare la lotta degli Spartakisti.
Che cosa rimpiangono i berlinesi, dopo la fine del socialismo reale? Certo non pensano che i due spartakisti fossero dei democratici, né che il comunismo dovesse essere democratico. Ciò che spinge a questa memoria, che arriva a pensare la realtà del comunismo come qualcosa che può essere giustificato, assolto o comunque dimenticato, è il desiderio di un luogo senza conflitti, senza differenze: di una pace imposta e un’eguaglianza coatta. La fuga, ad ogni costo, dalla realtà del mondo in cui vivono. La democrazia ordina i conflitti, ma non li sostituisce. Fa quindi affidamento sulla volontà di vita e di affermazione del singolo uomo, della sua capacità e del suo desiderio di governare il proprio cammino. Il mondo postcomunista scopre che la libertà non è la felicità e che l’eguaglianza imposta, limitando i desideri con la necessità, rendeva gli uomini più tranquilli e, in questo senso, più felici. Il comunismo è vivo e cammina attorno a noi, non con il passo delle cose ma con quello dei sentimenti, dei desideri e infine delle utopie. Il comunismo è il sentimento antico dell’uomo di integrare tutto l’uomo nella società e di sostituire le scelte con le prescrizioni.
Il comunismo, come diceva Carlo Levi, ha un cuore antico.
Chi può impersonare meglio il comunismo che ritorna se non il Grande Inquisitore di Dostoevskij, che rimprovera al Cristo di avere voluto dare agli uomini ciò che essi non volevano, cioè la libertà, mentre essi desideravano soltanto l’eguaglianza nella soggezione? La società dei liberi è anche la società dei soli, in cui l’uomo decide secondo la sua coscienza e non vi è alcun sistema di precetti in grado di imporsi con qualche efficacia. La libertà politica implica la libertà di scelta e la libertà di scelta una certa solitudine interiore.
Questo è il legato che il cristianesimo ha portato all’uomo: la persona e la libertà. Ma è un legato scomodo e il comunismo è la memoria del tempo antico in cui il singolo non esisteva come tale e si viveva solo come un elemento della tribù, l’unica vera realtà esistente. In questo senso il cristianesimo ha portato l’uomo oltre se stesso: e il cuore antico del comunismo è la memoria del tempo in cui l’uomo esisteva solo come funzione della società, quando non esisteva la coscienza ma solo la regola, che diveniva immanente all’uomo come la sua stessa essenza.
Forse gli anarco insurrezionalisti dei centri sociali torinesi non avevano altro desiderio che quello di non essere né liberi né soli, ma parti potenziali di una società utopica che esiste nei cuori di tutti coloro che sognano con cuore antico.

bagetbozzo@ragionpolitica.it

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