Forza italia, popolo e libertà

Di Gianni Baget Bozzo
22 Gennaio 2004
Caro Luigi

Caro Luigi,
vorrei commentare il decennale di Forza Italia con una lettera a un amico, perché è un evento che ha coinvolto la mia vita in misura maggiore di quello che avrei potuto prevedere. Forse ero così rassegnato, dopo la fine del Psi, al fatto che democristiani di sinistra e comunisti si dividessero la politica italiana che non compresi subito l’importanza dell’iniziativa di Berlusconi cui venivo associato. Io non ho capito quello che accadeva se non dopo che era accaduto l’evento: la vittoria di Berlusconi alle elezioni del 1994.
Non mi aspettavo un tale sussulto da parte dell’elettorato italiano, che ricordava più quello che avveniva all’Est quando i democratici si sostituivano ai comunisti che una normale elezione occidentale. L’elettorato italiano aveva avvertito il regime democristiano-comunista più di quanto l’avessi avvertito io, rassegnato come ero a ottenere al massimo la possibilità di una opposizione, che avevo individuato nella Lega Nord.
Votai con speranza Forza Italia ma non credevo che potessimo vincere, che potessi rivivere, tanti anni dopo, la medesima sorpresa che ebbi quando, il 18 aprile del 1948, la Democrazia Cristiana batté i socialcomunisti. Proprio l’abitudine alla politica mi aveva abituato a capire il potere del potere, e ad intendere come miracolosi i giorni in cui un popolo abbatte un regime e sceglie la libertà. Non annovero tra i giorni della libertà il 25 aprile del ’45 perché, partecipando alla Resistenza sapevo bene che il popolo italiano entrava nella democrazia mediante la sconfitta, l’umiliazione, il sentimento che i suoi sacrifici, erano stati vani. Ma il ’48 e il ’94 furono i giorni in cui sentii la parentela tra libertà e democrazia: essa appare in tutta la sua forza quando la democrazia non è conquistata con il potere delle armi, come tante volte accade, ma con la purezza del voto.
Quando partecipavo alle tavole di Arcore per sentire Berlusconi che cercava consensi a un’intuizione già matura in lui, potei solo dirgli che credevo che lo Spirito Santo lo ispirasse, perché comprendevo che tutte le ragioni politiche stavano dalla parte di chi gli consigliava di non tentare. Ed era tutta la sua azienda che lo invitava a non mettersi e di non metterla allo sbaraglio. Io credo che la fede muova le montagne: Berlusconi era mosso dalla convinzione che egli non poteva altrimenti, che le ragioni non valevano, che Qualcuno lo sceglieva per un compito e che egli avrebbe obbedito. Anch’egli prevedeva per sé l’opposizione, non la vittoria. Capii quanto fossero forti le forze di regime dopo che Berlusconi vinse e vidi tutti i poteri religiosi, sociali, politici istituzionali coalizzati contro la libertà. In quel momento capii che, se lo Spirito offriva la grazia, chiedeva anche il merito, cioè la sofferenza. E da allora Forza Italia divenne per me una sofferenza, perché non potevo pensare con la ragione che potesse vincere contro la coalizione universale di tutti i poteri e non potevo non credere che essa fosse una offerta di libertà e di grazia per il nostro paese, definito dal grandissimo Papa Pio XII “il popolo più legato all’opera di Cristo”. E potei misurare che coraggio e intelligenza unite insieme potevano fare l’impossibile. Ma che Forza Italia potesse vincere, lo seppi solo dopo il Congresso di Assago del ’98 quando le immagini di De Gasperi e del 18 Aprile furono i segni del Congresso. Berlusconi era riuscito a unire, come De Gasperi e più di lui, popolo e libertà.

bagetbozzo@ragionpolitica.it

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