
QUEL CHE RESTA DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA
Uno dei fenomeni politici più interessanti della Seconda Repubblica italiana è il permanere dei democristiani dopo la fine della Dc. Non credo che il problema possa essere risolto con un commento su Tempi, una parte del cui pubblico dovrebbe conservare memorie democristiane. Bisogna esaminare i due lati del problema: la fine della Dc e la permanenza dei democristiani. Non considero Tangentopoli la causa della fine della Dc, poteva anche non esserlo, Flaminio Piccoli, l’ultimo dei democristiani delle origini, non aveva tutti i torti.
La ragione vera della fine della Dc fu la fine di ciò che era stato il suo privilegio e la sua debolezza, l’unità disciplinare del voto cattolico su di essa: un caso unico, se non altro, per la sua ampiezza nella storia del cattolicesimo politico. Essa avvenne per atto dell’elettorato che si impose, sia pur con difficoltà, e a tempi lunghi, alla gerarchia ecclesiastica. è un fatto che fa parte della storia spirituale e politica della Chiesa italiana e che i cattolici non hanno ancora veramente né meditato né accettato.
I democristiani esistono come soggetto politico nella Seconda Repubblica perché sono uniti dal sentimento di essere stati ingiustamente allontanati da un potere di cui essi erano i soli a conoscere i segreti. Sono uniti dal sentimento di essere la sola classe politica legittima in Italia e che, nonostante questo, deve sopportare le “tronfietà” di Forza Italia e la protezione dei postcomunisti.
Sono irriducibili alla Seconda Repubblica, pur sorta dai referendum Segni, da essi promossi o almeno accettati. E quindi sono inclini a pensare della Casa delle Libertà in particolare, ma anche dell’Ulivo, tutto il male possibile. Sono una forza di delegittimazione della seconda Repubblica, la vera causa di instabilità del sistema politico perché lo mantengono in fase rotante praticando la contestuale delegittimazione di destra e di sinistra.
La loro grande debolezza è di vivere nel passato. Ormai l’abbandono dell’unità politica dei cattolici è una scelta definitiva della Conferenza episcopale italiana e non è mai stata una scelta che Giovanni Paolo II abbia fatta propria. Rimanendo democristiani, i democristiani non possono fare che danni. Ma d’altro lato i processi storici lasciano sempre dei poderosi residui: e quello democristiano è multiforme, praticamente investe tutti gli spazi della politica. Ma non ne rappresenta e non ne governa nessuno. Per questo tuttavia occupano continuamente gli spazi liberi per la politica nelle pagine dei giornali. Chi direbbe che Follini, Casini e Tabacci rappresentano solo il 3% della Casa delle Libertà? Il governo Berlusconi è stato sentito dal paese come un governo debole solo perché esistono Casini, Follini e Tabacci. Possono le cose continuare così? Possono i democristiani continuare a delegittimare la destra se sono di destra e a delegittimare la sinistra se sono di sinistra? Se dovessi dire quale è il maggiore problema politico per i due schieramenti, direi che sono i loro alleati democristiani. In realtà, lungi dal diminuire le divisioni, le rendono sanguinose. Sono essi che con il loro oscillare rendono incerti i confini degli schieramenti e li spingono quindi ad esacerbare la loro polemica. Chi ci libererà dai democristiani? La stabilità della Seconda Repubblica dipende da questa domanda.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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