
Quei pacifisti distrurrori d’identità
Non è mancata la partecipazione di religiosi, e soprattutto di religiose, alla manifestazione pacifista di Roma. Non li ha impensieriti il fatto che in essa non vi fosse alcuna attenzione ai morti di Atocha e ai caduti di Nassiriya. Nemmeno un minuto di silenzio per le vittime madrilene. La manifestazione romana è stata una giornata di gioia e di gloria dei pacifisti perché era stato sconfitto Aznar. Non si può negare che il pacifismo sia divenuto, assieme al terzomondismo, l’opzione culturale e politica oggi legittimante nel mondo cattolico e specialmente nel clero e nei religiosi. Esso sembra anzi divenuto un modo di definire la propria identità, l’indicazione del senso in cui essi si dicono cristiani. Sembrerebbe che un cristiano di oggi non possa che definirsi come avverso alla globalizzazione, all’Occidente, al mercato, cioè infine contro le strutture politiche entro cui essi vivono. Il pacifismo è divenuto la moneta corrente per veicolare, in un modo semplice e intellegibile, in un linguaggio a buon mercato, la differenza tra il cristianesimo e il mondo. E il mondo qui cessa di avere una definizione evangelica per concretizzarsi in una definizione storica e politica, rappresentata dal modello americano nel mondo. Questa posizione è tanto più diffusa quanto essa è meno motivata, sembra divenuta una evidenza primaria. Chi non è terzomondista, antiamericano, anticapitalista non è propriamente cristiano, è al massimo un simpatizzante, ma un simpatizzante deviato. Questo fenomeno è tanto più rilevante quanto più il cattolicesimo è diffuso e praticato, perciò il cattopacifismo è fortissimo in Italia, dove esso ha assunto il carattere di linguaggio egemone.
Non è una questione puramente politica, appunto perché i cattopacifisti non la pongono come puramente politica, ma come forma ideale dell’esistenza cristiana, con un Gesù letto in chiave di critico sociale, di amico dei poveri e nemico dei ricchi.
Il resto del Nuovo Testamento è abitualmente trascurato, al punto che l’espressione “Vangelo” è divenuta equivoca, tanto che un movimento pacifista si definisce con una delle beatitudini evangeliche: quella dei pacifici divenuta in chiave politica le definizione dei “costruttori di pace”.
Non esiste nella cultura cattolica oggi un linguaggio che tenga conto della realtà sociale, politica e istituzionale in cui il mondo vive. Il termine “Occidente” che ricorda l’origine cristiana della nostra società è divenuto un termine malefico, una espressione del potere del Maligno. La cultura cattolica è divenuta antirealtà, antistituzioni, antistoria, antipolitica. Questo non si fonda certamente sulla tradizione cattolica perché la sostituisce. Ne viene una scissione con il mondo politico istituzionale che si differenzia dal lungo ruolo esercitato dai cattolici in politica nel secolo scorso. Oggi un’identità cattolica nella storia e nella politica ha cessato di esistere. Ma non in nome della laicità della politica, che è un principio di cristianità, ma in nome di un nichilismo politico. Esso rende i cattolici subalterni ad una cultura aliena, una cultura che demonizza le istituzioni e la politica e toglie ogni senso alla differenza propria del cristiano, quella fondata sulla fede e sulla vita divina che essa comunica. Ritrovare una identità perduta è più difficile che costruirne una nuova: perciò il pacifismo priva i cattolici della loro identità culturale e storica.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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