
Tra essere ed esserci
«Nella fotografia, mi sono ispirato alla pittura di Caravaggio» ha dichiarato Mel Gibson. L’intensità di “The Passion” è straordinaria, ed è una benedizione che un film ricordi a tanti poveri cristiani come noi, di poca memoria, come andarono duemila anni fa le cose. Detto questo, unicuique suum. Gibson ha realizzato un’opera culturalmente eccezionale. Ma Caravaggio, quello è un’altra cosa. La “Cattura di Cristo” è del 1602. è inquietante: sembra, più che pittura, una fotografia scattata nel buio di una notte improvvisamente rischiarata da una luce sinistra. Come se il trentenne Michelangelo Merisi, già abituato alle miserie della Roma papalina, e alle risse e alle case delle cortigiane, per una singolare grazia, magari in sogno, avesse “visto” quella tragica notte di Gerusalemme, e fedelmente con la sua formidabile mano l’avesse impressa su una tela. Ha, questa “Cattura”, il bagliore feroce dei ricordi indelebili. Infatti noi, di un evento che fortemente ci emozioni, memorizziamo di solito non una sequenza di immagini, ma uno, un solo fotogramma – l’istantanea che poi ci riattraversa i pensieri per sempre. Ed ecco, la “Cattura di Cristo” sembra quella frazione di istante bloccata nel tempo, vista e pietrificata nel ricordo di un testimone che non c’era, non ci poteva essere, eppure. Domina la scena la mole dell’armatura del centurione romano; è un braccio di ferro minaccioso e nero, è un elmo che nasconde il volto, è la Violenza, impersonale e cieca, che trionfa al centro del quadro. Poi c’è l’abbraccio. Cristo che trasfigura in un pallore mortale nell’istante del tradimento, come già morto, quando viene venduto da un amico. E Giuda, la faccia di Giuda è sudata e avida mentre la sua mano avvinghia la vittima con le dita adunche. Il suo nome, per sempre vorrà dire Tradimento. E infine, ultimo a sinistra, un ragazzo fugge nel buio di quella notte più scura di tutte le altre. Giovanni. Il discepolo fanciullo, che scappa gridando, la bocca spalancata dall’orrore, Giovanni che corre solo e impazzito dentro la notte: l’Angoscia.
Centoventicinque scudi ben investiti da tale Ciriaco Mattei, che per quella somma si aggiudicò la tela. Solo colori e pennelli – e un genio. O forse qualcosa di ancora diverso. Un eletto. Da secoli chi si ferma davanti alla “Conversione di san Matteo”, a San Luigi dei Francesi a Roma, si sente interpellato da quel dito di Dio puntato, perentorio: e tu? La Violenza, il Tradimento e l’Angoscia, tre sorelle di morte una al fianco dell’altra nella “Cattura di Cristo”, in una testimonianza che attraversa i secoli. Gibson ha fatto un grande, potente film. Caravaggio, è un’altra cosa. Lui, quella notte all’orto degli Ulivi, c’era.
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