
«QUEL RAGAZZO LO CONOSCO»
«Sfogliando Tempi (cfrn n.38, pag. 30) l’altro giorno è stata grande la mia sorpresa nel vedere quella fotografia in bianco e nero, e soprattutto quel titolo: “L’immensità donata del cielo”. Vorrei dirvi che quel giovane alpinista è morto a 33 anni, nel mese di ottobre del 1954. Cinquanta anni fa. è morto come desiderava, in montagna. Ha amato la montagna più di se stesso, ha insegnato a molte persone a scalare le Pale di San Martino. A mio marito, e anche a me, che ho fatto con lui una scalata di quarto grado sulla maestosa Cima Canali. Voleva portarmi sul Sass Maor, dove ci sono difficoltà di sesto grado. Era in programma per il 1955 e invece partii da Milano per il suo funerale. Non ho più fatto scalate. Il nostro amico si chiamava Arturo Brunet, classe 1921, ed era di Tonadico di Fiera di Primiero. Oggi io ho ottant’anni. Ho letto con commozione le parole dell’articolo, e vi ringrazio».
Lina Tosi, San Colombano
al Lambro (Mi), 18 settembre 2004
L’appuntamento è un sabato pomeriggio in un bar vicino a viale Zara, periferia di Milano. La signora Lina è puntuale. In mano, una busta piena di foto in bianco e nero. Le Pale di San Martino, e lei e il marito e gli amici, nelle estati di cinquant’anni fa, sorridenti. E Arturo Brunet, il ragazzo che volteggiava nel cielo, come ebbro di gioia, eccolo: un uomo alto, le spalle larghe, il sorriso aperto, la faccia di chi è sicuro di sé nell’andare in montagna, certo della forza delle sue braccia, delle sue mani, certo e anche grato. Tanto, racconta la signora Lina, «che se c’era qualche amica non troppo in salute era pronto a portarla su anche in braccio: deve vederle, diceva, queste montagne». Una passione contagiosa. Dal Lodigiano, in molte centinaia in quegli anni Cinquanta andarono su per le Pale, dietro ad Arturo Brunet. Lina fece con lui, da sola, un quinto grado, e ancora ricorda gli strattoni della corda, e le mani a cercare gli appigli, nel gran silenzio della montagna attorno. Assieme a lei oggi è venuto anche il nipote, Renato, che pure scalava le Pale con Brunet. Ha in mente un giorno sulla Cima Canali. Arrivati al Rifugio Pradidali, la nebbia copriva ogni cosa. «Si stava silenziosi, stanchi, Arturo e io. Improvvisamente m’ha detto: Renato, voltati. S’era aperto il cielo: le cime erano lì davanti a noi, splendide come cattedrali».
Brunet diceva di volere morire in montagna. Un mattino d’ottobre, in Val Canali, in parete, un masso gli è precipitato addosso. è morto in un istante, giovanissimo, fra quelle montagne dove, diceva ai suoi amici all’alba sul Sass de Stria, «Dio è più vicino».
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