I DISGIUNTI SUONANO PER FORMIGONI

Di Caterina Giojelli
31 Marzo 2005
VOTANO LA LISTA DI SINISTRA E IL CANDIDATO DELLA CDL ALLA PRESIDENZA. SONO BASSETTI, ALEOTTI,SHAMMAH E I RIFORMISTI CHE NON CREDONO IN SARFATTI

Che a sinistra s’avanza uno strano elettore è cosa nota alla Lombardia, dove il 33,7 per cento degli omosessuali dichiara di votare il cattolico Formigoni e dove, all’ora di cena, alla buona borghesia di sinistra piace molto invitare il presidente al proprio desco, spesso affollato dalla rossa Milano bene. E mentre nessuno sa mai niente di chi, come, cosa si raccontino, c’è chi dà il via a un’operazione particolare.
Un’operazione che all'”Europa insieme” strappa la sfida del voto all’uomo: il diritto di scegliere localmente il merito e la competenza personale contro le logiche di schieramento politico-nazionali. Un’operazione che, dagli uffici dell’assessore ed ex sindaco Piero Borghini a quelli dell’ex Carlo Tognoli, si concretizza in un vero e proprio appello: riformisti, progressisti, socialisti, di sinistra laica o cattolica che siate, votate, e votate Formigoni. Perché la candidatura di Formigoni è il superamento di ogni logica di schieramento, parola di Stefania Craxi, Adriano De Maio, Ugo Finetti, Massimo Ferlini, Sergio Scalpelli e Piero Bassetti. L’intento dell’appello è chiaro, e anche se non esplicito, non potrebbe che tradursi in un’esortazione al cosiddetto “voto disgiunto”. Leader dell’esortazione, l’ex presidente Piero Bassetti: le dichiarazioni ai media, «Voterò Formigoni e voterò l’Unione», non si contano. «E lo farò – racconta a Tempi – perché un regionalismo per dirsi tale ha in sé l’idea che le maggioranze di ogni singola regione non debbano necessariamente derivare da quelle nazionali. Ergo: non ha senso confrontarsi con l’elmetto sul tema Berlusconi-Prodi che si pone a Cosenza in modo diverso da come si pone a Milano». E sulla coalizione ribadisce: «Non voto Formigoni per votare Berlusconi, ma per la sua politica nella regione che governa. Bisogna rompere lo schema del bipolarismo unico e introdurre il criterio dei bipolarismi ad arcipelago, uno per ciascuna regione. Bassetti e Formigoni, che non potrebbero essere la stessa cosa nell’elezione del presidente del Consiglio, possono benissimo esserlo in Lombardia, perché il progetto politico di Formigoni è la continuazione del mio progetto politico nel ’70, di una regione proiettata verso l’Europa. è finito il Risorgimento, oggi la Lombardia deve costruire l’Europa, l’Italia è già stata fatta». Chi la seguirà? «Lo chieda ai mezzi di comunicazione o alla scuola civica: nessuno ha spiegato alla gente una cosa che fa parte della legge dello Stato, che esiste il voto disgiunto. Chi lo sa, e chi riconosce in Formigoni la capacità di fare il governatore e quindi di attrarre più di Sarfatti, voterà come me». E quindi come Scalpelli: «Formigoni e Uniti nell’Ulivo», o Alessandro Aleotti, direttore di Milania, «Formigoni e un partito di sinistra». E come la regista Andrée Ruth Shammah: «Non voto la coalizione di cui fa parte, ma voto Formigoni per la sua apertura ai riformisti; mi fa effetto che la sinistra da un po’ di tempo proponga candidati per bene, stimabili, ma che pare corrano senza voler vincere. Se Penati in provincia è partito con vera grinta, l’atteggiamento della sinistra nel scegliere un candidato in Regione contro Formigoni è perdente».

NON è UNA CATTIVA IDEA
C’è il gruppo alla Massimo Boldi, quelli che «disgiunto? Non è una cattiva idea», ma si avvalgono del segreto elettorale; c’è poi quello del colonnello Mario Giuliacci, che «sono assolutamente contrario a votare così»; c’è quello alla don Antonio Mazzi, che «voterò un governatore e basta», o alla Lorenzo Strik Lievers, che «non ho idea di cosa farò».

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