Fausto Bertinotti: Te Deum laudamus per gli operai di Terni

Di Fausto Bertinotti
04 Gennaio 2015
Su di loro si è abbattuta la tempesta della crisi, della ristrutturazione industriale e della perdita del lavoro. Si sono rialzati in piedi, hanno ripreso a lottare facendo rivivere una grande eredità

Come da tradizione, anche nel 2014 l’ultimo numero del settimanale Tempi è interamente dedicato ai “Te Deum”, i ringraziamenti per l’anno appena trascorso firmati da diverse personalità del panorama sociale, culturale e civile italiano e non solo. Nella rivista che resterà in edicola per due settimane a partire dal 31 dicembre, troverete, tra gli altri, i contributi di Angelo Scola, Asia Bibi, Louis Raphaël I Sako, Luigi Amicone, Renato Farina, Mattia Feltri, Fred Perri, Aldo Trento, Pippo Corigliano, Annalisa Teggi, Alessandra Kustermann, Mario Tuti.

Pubblichiamo qui il “Te Deum” di Fausto Bertinotti, sindacalista, leader di Rifondazione Comunista, è stato presidente della Camera dal 2006 al 2008. Oggi è direttore del bimestrale Alternative per il socialismo e animatore della Fondazione “Cercare ancora”.

te-deum-2014-tempi-copertina-asia-bibiUn signore che di lotta di classe se ne intendeva ebbe a dire che gli operai si danno solo i problemi che possono risolvere. Ma qualche volta anche no; e non è detto che, anche in questi casi, non riescano, malgrado tutto, a risolverli lo stesso. Accade quando il tramonto non annuncia solo la fine della giornata, ma annuncia anche quella che verrà. È accaduto così agli operai dell’acciaieria di Terni. Operai, acciaierie, Terni, sono nomi antichi di una grande storia che il postmoderno pretende di cancellare dalla memoria. Una memoria che, alla bisogna, può invece riaffiorare.

Terni è una delle pochissime città-fabbrica italiane, città dell’acciaio cresciuta con l’industria. Il fascismo aveva fissato l’immagine di una sua retorica, quella della nazione proletaria, in un film famoso in quegli anni, si intitolava Acciaio ed è un film del 1933. Dietro la retorica del regime si vede bene cos’era quella fabbrica e chi erano quegli operai siderurgici. I loro figli saranno i protagonisti di una storia sociale, politica e culturale straordinaria, quella del secondo Dopoguerra, dopo la vittoria contro il nazifascismo. Con quelli vivranno la loro stagione più affascinante il sindacato e il partito operario. Sarà il loro mondo a generare i “quadri” del movimento operaio, operai colti e leader naturali riconosciuti e rispettati come tali dal popolo della fabbrica e nella città, maestri nella lotta e di vita. Quando incontreranno il vento della contestazione studentesca e operaia degli anni Settanta ne favoriranno l’avvento. Terni, come l’Italia della fabbrica, conobbe con il sindacato dei consigli la stagione della speranza nel cambiamento, quando tutto sembrava possibile.

Più dura, più difficile da accettare fu perciò la tempesta che si è abbattuta poi sugli operai, sull’acciaieria e sulla città. Si è chiamata ristrutturazione industriale ed è stata una rivincita di classe. I lavoratori da cacciare dalla fabbrica si sono chiamati “eccedenti”; la siderurgia veniva accusata di due gravi colpe: di essere spesso gestita da un’azienda pubblica e di essere in crisi di sovrapproduzione. La chiusura di fabbriche intere, la ristrutturazione di quelle che restavano e la privatizzazione delle aziende è stata la scena sociale di lunghi anni che un regista come Ken Loach potrebbe bene illustrare. A Terni, il numero degli occupati si riduce drasticamente. È un declino duro e drammatico, Terni ne è sconvolta e, per molte volte, si riaccende la lotta contro i tagli all’occupazione, contro l’eliminazione di produzioni strategiche come quella del lamierino magnetico. Sono lotte operaie e di popolo, sono le lotte di una intera città. Ma non c’è niente da fare, l’impresa e il mercato, intanto, hanno ripreso la loro signoria. E gli operai, troppo spesso, restano soli.

Sono tanti i casi simili in Europa, ma i padroni li sfogliano come le foglie di un carciofo e il sindacato non scala quella nuova dimensione dello scontro. La politica del centrosinistra, per parte sua, in Italia, abbandona i temi della programmazione delle politiche industriali e dell’intervento pubblico, disarmando così le lotte stesse e lasciandole senza una sponda polico-istituzionale: la solitudine operaia. La siderurgia si trasforma in un luogo di dolore sociale per i lavoratori e Terni affonda. Lassù, a Torino, loro fratelli sono uccisi in un rogo della ThyssenKrupp, laggiù a Taranto, loro fratelli sono uccisi dal cancro prodotto da una fabbrica criminale.

La rinascita di una comunità
Tutto sembra perduto. I lavoratori di Terni rischiano di perdere anche ciò che loro resta, il posto di lavoro. Sono presi in una tenaglia, sembra di leggere Comma 22, un famoso libro americano. Se la fabbrica venisse ceduta a una multinazionale finlandese potrebbe salvarsi ma l’Europa lo vieta; se resta alla multinazionale tedesca, muore. Il cerchio si chiude. O, almeno, così sembra.

Ma loro, gli operai di Terni, non ci stanno e, da inginocchio che sono, si alzano in piedi e ricominciano a lottare facendo rivivere le memorie dei padri. Lottano per i loro diritti senza affidarsi a un qualche protettore, proprio come ha suggerito di fare papa Francesco ai movimenti popolari. Il loro sindacato trova, con la Fiom di Landini, le parole giuste: «Occuperemo la fabbrica». Non cedono ai ricatti dell’azienda che non vuole pagare loro neppure i salari; resistono alla violenza delle forze dell’ordine opponendo i loro corpi e trasformandoli in una vincente muraglia umana.

Ho visto le immagini di sindacalisti che discutevano alla pari, da compagno a compagno, con i lavoratori in lotta su cosa fare, su come sviluppare altre lotte, sulle loro forme come sugli obiettivi. Così è rinata una comunità, così è stato conquistato un accordo che salva l’occupazione. “Contratto” è tornata, per una volta, ad essere una parola buona. Salvare l’occupazione si è affermata come la difesa di un diritto sociale, e persino il tanto vituperato, fino a ieri, intervento pubblico è, a questo scopo, tornato a essere riconosciuto come necessario, persino dalla politica. Gli operai siderurgici di Terni hanno saputo far rivivere una grande eredità.

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3 commenti

  1. yoyo

    Voi il figliol prodigo l avreste accolto a casa con Equitalia.

  2. Donata

    Te Deum,tutti dobbiamo farlo,ma appena ho letto questo articolo ho pensato: ” e no ,Bertinotti proprio no,si faccia il Te Deum in casa sua ,dove vuole ,ma qui proprio no!”

    scusate,ma l’ho già commentato altre volte ,basta con questi maestri che hanno già fatto abbastanza

  3. giuliano

    caro Bertinotti, tu sei uno di quelli che, con le continue lotte, ha contribuito potentemente a raggiungere questo risultato di fallimento generale. Il “padrone” è stato sconfitto finalmente e i “lavoratori” verranno a mangiare a casa tua

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