
Tenores
Nell’Italia che apre il colosseo ad Elton John, che consacra lo stupido canzonettaro Pupo in tv e che ascolta il blaterare di Fernanda Pivano che indica in Ligabue il più grande poeta italiano, finisce che non si canta più. Lo diceva anche Pasolini, più di trent’anni fa: non si sente più cantare, non c’è più l’Italia. In realtà, delle canzoni dalla nuda voce umana ogni tanto si sentono. Ad esempio, ci sono tanti poeti in Sardegna. Come in altre regioni d’Italia resiste ancora la tradizione dei cantari popolari, delle sfide tra improvvisatori di ottonari fantasiosi e acuti. Una delle forme di questo canto è quella dei cosiddetti “tenores”. I quattro o cinque uomini che cantano, si dispongono in un cerchio guardandosi. Come a scrutare nell’altro lo stesso fondo da cui sta sorgendo la propria voce. Cantando così è più difficile barare. è stato detto che una invasione islamica in Italia potrà essere fermata dalle nostre canzoni. Sono già avvenute molte invasioni. E poche canzoni abbiamo sentito. Ha scritto Franco Loi: «è difficile parlare a un popolo di morti». Sì, è vero. Occorre che venga su nella voce qualcosa che ridesti ciò che tende al morire. E guardarlo negli occhi altrui.
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