Liberal addio

Otto anni fa mi era stato chiesto di partecipare a un gruppo di discussione settimanale di democratici liberal di New York. Mi avevano invitato con queste parole: «Ci incontriamo per scoprire che cosa è accaduto al liberalismo americano. Alcuni pensano che sia una crisi spirituale. Vogliamo sapere perché tutti noi, democratici liberal, abbiamo votato per il sindaco Giuliani».
New York City è stata definita la “capitale dell’America blu”, ossia della parte del paese che ha votato per il senatore John Kerry alle ultime elezioni presidenziali. Quasi tutti gli attivisti, i raccoglitori di fondi e i procacciatori di voti del partito democratico vivono a New York o gravitano attorno a questa città. La maggior parte delle grandi città americane sono schierate nel campo democratico. E tuttavia, quasi tutti gli osservatori predicono la vittoria del sindaco Bloomberg.
Perché? Innanzitutto, ci sono i grandi temi: istruzione, tasse, criminalità, trasporti, case popolari, sicurezza interna, bilancio. Quasi tutti sono d’accordo sul fatto che il sindaco Bloomberg ha agito bene su ognuno di questi temi, e quindi ci saranno soltanto pochi “voti di protesta”. I democratici non sembrano avere nuove idee sul modo in cui affrontare tali questioni. Il sindaco Bloomberg ha assunto autorevoli esperti democratici per farsi aiutare nella formulazione del sue politiche. La sua posizione sulle “questioni culturali” (aborto, giudici della Corte Suprema, gay, etc.) è sostanzialmente la stessa di quella del partito democratico. Ma rimane comunque un autentico reppubblicano, strettamente associato al partito repubblicano. La vecchi apparato politico del partito democratico di New York (l’unvierso politico di Ferrer nel Bronx) ha in sostanza perso tutta la propria influenza. è stato schiacciato dai “democratici riformisti” che sono diventati la prima potenza politica di New York City. Ma ora anche costoro sono praticamente scomparsi e i democratici non hanno pià forti leader politici nella città. Il partito democratico non sembra interessarsi gran ché alla politica di New York, in quanto puà contare sul fatto che la città voterà compattamente per il suo candidato presidenziale.
Il panorama politico della città assomiglia a quello italiano. Oltre ai partiti repubblicano e democratico, le elezioni per la carica di sindaco vedranno partecipare candidati dei seguenti schieramenti: partito dei conservatori, dei verdi, dei libertaristi, dei lavoratori socialisti, delle famiglie lavoratrici, più Partito Blog e Partito “l’affitto è troppo caro”.
Ma questo serve davvero a spiegare perché Bloomberg vincerà? In realtà, le questioni elencate non c’entrano. Il problema è che la base del partito democratico è nelle mani di attivisti liberal che hanno perso contatto con le esperienze quotidiane dei cittadini americani. Se Bloomberg verrà eletto, alla fine del suo mandato New York sarà stata governata da sindaci repubblicani per sedici anni di fila. I miei amici continueranno a incontrarsi.
Forse dovrebbero riconsiderare la loro convizione che la chiave di tutto stia in ciò che definiscono “spirituale”.

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