
Suo malgrado il partito democratico ha una vocazione centrista. Per questo resterà al palo
Se si guarda il volto del partito democratico come unità di postdemocristiani e postcomunisti, si nota che l’identità culturale politica è postcomunista ma la funzione politica è postdemocristiana. Ed è tipicamente centrista. Il partito democratico non potrebbe che ricopiare la originaria formula centrista, quella di Mario Scelba: “Avanti al centro contro gli opposti estremismi”. Essa infatti non potrebbe legittimarsi che lasciando ai lati la sinistra radicale e la Lega Nord e anche probabilmente An, annettendo l’Udc e Forza Italia in frammenti. Può realizzarsi solo divenendo l’unica forza di governo legittima. È in corso una manovra in questo senso e ha per protagonisti Mario Monti e l’Udc. Dalle colonne del Corriere della Sera, divenuto il motore mobile della politica italiana, Mario Monti parla delle liberalizzazioni come il programma che attende la sua realizzazione e che è il vero punto di intesa tra il popolo di Forza Italia e quello moderato del centrosinistra. A questa linea corrisponde la scelta di Casini di distinguere l’opposizione dell’Udc da quella del resto del centrodestra. Il centrismo democristiano si resse però in una situazione eccezionale: l’intervento della gerarchia ecclesiastica per garantire l’unità dei cattolici e quindi il voto alla Dc indipendentemente dal contenuto politico. L’unità dei cattolici aveva costruito un elettorato moderato senza dargli però il carattere della fondazione di uno Stato; aveva fatto del compromesso politico con i comunisti la chiave di lettura e di accettazione della Costituzione.
L’elettorato moderato si sentì come un’alternativa alla sinistra quindi produsse l’eccezione Berlusconi, non più in chiave di compromesso storico coi comunisti, ma di alternativa ad essi. Il centrodestra doveva fondare uno Stato: non a caso diede vita al cambiamento della Costituzione e fece della scelta occidentale la giustificazione politica dell’identità nazionale. Definì l’Italia non come Europa ma come Occidente. Quello che si chiama berlusconismo è la fondazione di uno Stato che non fonda sul compromesso storico con il postcomunismo la sua capacità di obbligare i cittadini. Questo fenomeno è ormai radicato e rende impossibile il compromesso storico come legittimità delle istituzioni. Il bipolarismo esprime una differenza politica sullo Stato e sulla sua giustificazione e non solamente un dissenso dal governo. La sinistra non è il vuoto politico che era l’unità dei cattolici e non può divenire una forza di mediazione centrista. Questo è il limite che ostacola la nascita del partito democratico e mantiene il berlusconismo e il bipolarismo.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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