Già che ci siamo, perché non affidiamo l’ordine pubblico all’onorevole Caruso?
Forse nei fatti le cose andranno bene (ce lo auguriamo), ma certe reazioni alle manifestazioni di violenza nel mondo del calcio che hanno portato alla morte di un ispettore di polizia a Catania sono rappresentative del senso dello Stato circolante nel nostro paese. La parola d’ordine della “liberalizzazione” è ormai abusata in forme insensate. Lasciare ai privati la costruzione, la manutenzione e la pulizia degli stadi è un’ottima idea; affidare loro il mantenimento dell’ordine è un’idea che farebbe ridere in un paese seriamente liberale. Eppure il nostro ministro degli Interni ha dichiarato che, in queste condizioni, lui non manderà più un poliziotto negli stadi. È una reazione comprensibile sul piano emotivo, assai meno sul piano razionale. Non è il governo che deve creare le condizioni – ovvero emanare una normativa di ferro di tipo inglese – che stronchino la violenza dentro e attorno agli stadi? Magari, in attesa di riuscirvi, bloccando a tempo indeterminato ogni manifestazione calcistica.
Fanno eco sulla stampa voci dello stesso tenore, come quella di Beppe Servegnini, che propone un bizzarro decalogo il cui primo comandamento impone di togliere la polizia degli stadi e di affidare la sicurezza alle società di calcio: «Le forze dell’ordine hanno di meglio da fare». Già, e che cosa? Partite a tresette? Davvero si pensa che la violenza negli stadi sia un fenomeno eccezionale e a sé stante? Su quale china ci avventureremo concedendo che esistano zone del paese in cui la legge non si applica – e sia da affidare alla gestione discrezionale dei privati – perché le forze dell’ordine non ce la fanno? Perché non lasciare alle comunità locali la gestione dei quartieri difficili di Napoli, in cui la polizia non riesce a entrare senza rischi? Anzi, si potrebbe direttamente affidare alle autorità locali la gestione dell’ordine pubblico nelle regioni afflitte dalla malavita, liberando da tale compito la polizia, che ha di meglio da fare. Sarebbe ancora una soluzione troppo statalista. Diciamola tutta: la soluzione privatistica migliore sarebbe lasciare tutto in mano a mafia, camorra e ‘ndrangheta. Loro sì che ci sanno fare e, se le si lascia fare, non vola una mosca. Del resto, date le complicità di certe società sportive con i circoli dei tifosi ultrà, il passaggio della gestione dell’ordine pubblico nelle mani di questi ultimi sistemerà le cose definitivamente: l'”ordine nuovo”, tanto per intenderci.
Ma le considerazioni più sensazionali sono quelle del sociologo professor Alessandro Dal Lago sul Corriere della Sera di domenica 4 febbraio. Egli spiega che la causa di tutti i mali sta nel fatto che la sinistra ha snobbato i ragazzi degli stadi e la penetrazione politica nelle curve. Queste sono un «territorio di infiltrazione dell’estrema destra» ed «è per questo che sono violente: perché la violenza è nel Dna di chi le infiltra». Non soltanto la sinistra moderata ma anche quella radicale hanno commesso l’errore di non volersi occupare delle curve: «Eppure molti giovani di sinistra vengono dai centri sociali, ma la sinistra ne ha condiviso la demonizzazione che arrivava da destra». Insomma, la violenza è geneticamente di destra. I ragazzi del ’77 lanciavano fiori, quelli dei centri sociali spruzzano profumo e chi ha scritto sui muri a Livorno che è stato vendicato Carlo Giuliani è una mammola. Ogni tanto lanciano estintori o pietrate sulle forze dell’ordine, che però se lo meritano: è gentaglia che «manganella nel mucchio», secondo l’onorevole Francesco Caruso. Ecco un’idea per il ministro Amato: imporre l’ordine democratico affidando al suo collega di maggioranza la gestione degli stadi.
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