I sacerdoti della scienza che s’infilano dappertutto passando di festa in festival

In un saggio di parecchi anni fa dal titolo La nostalgia dell’assoluto, George Steiner sostenne che la crisi delle religioni nelle società occidentali aveva aperto un vuoto che era stato riempito da una serie di “teologie sostitutive”, tra cui egli identificava il marxismo, la psicoanalisi freudiana e l’antropologia strutturale. Egli le definiva come «mitologie razionali che si attribuiscono uno status normativo e scientifico». Questo tipo di analisi può essere applicato anche in modo più convincente al ruolo che sta assumendo una certa immagine della scienza in una situazione in cui ormai quelle “teologie sostitutive” – e soprattutto le ideologie politiche fra cui, in primo luogo, il comunismo – non sono più in grado di dar risposta a ciò che Steiner chiamava il bisogno di “assoluto”. Sono le scienze biologiche e in particolare la genetica a delineare una nuova possibilità di intervento sulla natura umana che dovrebbe realizzare la felicità sulla terra, ovvero inverare proprio quel mito palingenetico che era stato alla base del comunismo. Il progetto “scientifico” di rifare la società da cima a fondo, distruggendo tutto e riedificando tutto, è fallito. Ma ora sarebbe la scienza a proporci un progetto sostitutivo e ancor più ambizioso: rifare l’uomo, liberandolo dalle deformità e dalle brutture da cui è deturpato a causa degli “errori” con cui è stato fatto. Il fantasma della vecchia eugenetica criminale viene esorcizzato con l’argomento che la nuova eugenetica non è un’impresa di Stato ma si rivolge direttamente all’individuo e viene praticata per libera scelta. E perché dirle di no, visto che ci promette doni che non si possono rifiutare: la libertà dalla vecchiaia e dalla malattia e forse un giorno persino dalla morte (Edoardo Boncinelli docet). D’altra parte nessuno oserà mettere in discussione la suprema autorità della scienza, la sua indiscussa serietà.
Ecco perché la scienza va tanto di moda, soprattutto fra gli orfani del socialismo scientifico. Essa è diventata un ingrediente ossessivo di tutte le manifestazioni e feste “culturali”. La scienza viene infilata dappertutto, come l’ingrediente che dà senso a temi altrimenti vecchi e insipidi. Scienza e arte, scienza e letteratura, matematica e politica, e via biascicando di tutto, e del tutto nel tutto. La scienza è bella (lo vantano persone che tremerebbero all’idea di risolvere un’equazione differenziale) e quindi è arte; e poi l’arte è scienza, nient’altro che scienza, strutture matematiche, formali. Anche la letteratura va rivisitata con la stella polare della scienza: per esempio, perché non chiedersi se, al disotto del suo apparente creazionismo, la Divina Commedia non contenga qualche premonizione del darwinismo?
In questo profluvio di chiacchiere, in cui quasi nessuno sa quel che dice e la scienza interviene soltanto come mito, dominano incontrastati e adulati alcuni sacerdoti dello scientismo che hanno preso il posto dei vecchi teorici del socialismo scientifico. Un tempo erano costoro a essere attesi come profeti del verbo sociale nelle grandi manifestazioni politico-culturali. Oggi sono i sacerdoti della scienza a passare vorticosamente di festa in festival per distribuire il desiato verbo della palingenesi scientifica. «Occorre sostituire per legge la lettura della Bibbia con il libro di Odifreddi» – come se la Bibbia fosse mai stata una lettura obbligatoria. – scriveva uno dei fans del matematico impertinente. Il quale, non a caso, ha definito la scienza come la “religione della verità”; le cui messe vengono recitate sugli altari della ragione allestiti nelle feste “culturali” dilaganti per ogni dove.

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