
«Bin Laden era protetto dai servizi segreti pakistani. Dalle ritorsioni di al Qaeda capiremo se il terrorismo si è indebolito o no»
«Osama bin Laden era protetto dai servizi segreti pakistani e deve essere stato tradito da qualcuno dell’ambiente. Dall’entità delle ripercussioni di al Qaeda capiremo quanto e se i terroristi si sono indeboliti». Lo dichiara a Tempi Alberto Simoni, esperto di politica americana e giornalista della Stampa, che ha commentato l’uccisione da parte degli americani del terrorista numero 1 nel mondo e capo di al Qaeda.
Dopo l’annuncio del presidente Usa Barack Obama si sono rincorse voci che smentivano la morte, i talebani che non confermavano e una foto del volto di Osama riconosciuta come un tarocco.
Barack Obama che si presenta in diretta televisiva e rilascia lunghe dichiarazioni, spiegando come è andato il blitz e fornendo dettagli dell’operazione che ha portato all’uccisione di Osama, è una prova sufficiente che il terrorista è morto. Non si sarebbe mai sbilanciato così tanto per delle semplici ipotesi. In queste situazioni il complottismo emerge sempre, alimentato da internet, dove tutto ha lo stesso peso e poi la foto taroccata non l’ha diffusa Washington ma un’emittente pakistana.
Gli americani conoscevano da agosto il rifugio di Osama, un compound ad Abbottabad, a un’ora di macchina da Islamabad, la capitale del Pakistan. Perché non sono intervenuti prima?
E’ difficile dirlo. Gli americani sono sulle tracce di bin Laden da 16 anni, non solo dal 2001 ma dal 1995, dopo gli attentati in Arabia Saudita. Le cacce all’uomo sono sempre costellate da alti e bassi, da decisione giuste e sbagliate. Sono guerre di indizi e di appostamenti, non erano certi che fosse dentro quel compound, erano fonti di intelligence. Si potrebbe fare un paragone con la lotta italiana alla mafia.
Cioè?
Come i mafiosi, che dopo anni di latitanza vengono catturati davanti a casa loro, bin Laden è stato preso in Pakistan. Sicuramente era protetto da molte persone e dai servizi segreti pakistani e da loro deve essere stato tradito. In Pakistan ci sono faide intestine accese e il terrorismo è forte.
In molti sostengono già che Barack Obama ha dato l’ordine di intervenire solo ora per guadagnare voti alle prossime elezioni.
Non penso proprio. Le elezioni sono tra un anno e mezzo e anche se è chiaro che può recuperare voti con la cattura del terrorista più pericoloso del mondo, leggere la notizia dell’uccisione di bin Laden in questo modo è dietrologico e riduttivo.
La Cia ha fatto sapere che l’ordine non era di “catturare” bin Laden ma di ucciderlo. Perché?
L’ordine di uccidere bin Laden non è stato dato adesso ma fin da quando George W. Bush ha dichiarato che voleva il terrorista vivo o morto. Un’affermazione così, è chiaro, significa morto più che vivo. Questo perché, innanzitutto, è più facile uccidere una persona che catturarla, in più perché impostare un processo è molto difficile. Già è problematico portare in tribunale quelli che stanno a Guantanamo. Bin Laden è ritenuto da tutto il mondo resaponsabile di molte stragi ma provarlo in aula è tutta un’altra cosa. Uccidere è la strada più cruenta ma anche la più semplice.
Alla notizia della morte di bin Laden una folla di persone in America è scesa in piazza a festeggiare. Padre Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, ha dichiarato che «di fronte alla morte di un uomo, un cristiano non si rallegra mai ma riflette sulle gravi responsabilità di ognuno davanti a Dio e agli uomini».
Per noi europei, per noi italiani soprattutto, è strano festeggiare per la morte di un uomo perché abbiamo una cultura profondamente cattolica. Ma negli Usa bin Laden è colui che ha causato la morte di oltre 3 mila persone, là è davvero il nemico pubblico numero 1. Da loro, poi, la pena di morte è vista come una forma di giustizia dalla maggior parte delle persone. Ecco perché non è strano che abbiano festeggiato, anche se noi non l’avremmo mai fatto.
Con la morte di bin Laden cambierà qualcosa nella lotta al terrorismo?
Al Qaeda non è più una società piramidale ma, se mi passate il termine, è una “società in franchising” con ramificazioni e filiali locali in tutto il mondo. Ognuna ha il suo responsabile. Osama era un leader “in pensione”, se mi passate anche questa frase. Dal punto di vista geopolitico non cambierà molto e anche la missione in Afghanistan continuerà perché al Qaeda non è solo bin Laden.
E a livello regionale?
Qui ci saranno dei cambiamenti perché Osama comunque era un simbolo. C’è il rischio di violenze, attentati e ritorsioni in tutto il mondo. La Cia ha già lanciato l’allarme.
Al Qaeda e il terrorismo internazionale escono indeboliti dalla morte di bin Laden?
E’ quello che vedremo nelle prossime settimane. Di sicuro cercheranno di colpire e fare delle ritorsioni ma è interessante vedere cosa e come colpiranno, quali obiettivi sceglieranno. Da questo si capirà se sono ancora potenti e solidi, se hanno delle strutture logistiche forti. Ovviamente, spero che tutti gli attentati siano scoperti e sventati in anticipo, ma è chiaro che se il massimo che sapranno fare è mettere un pacco bomba vicino a una macchina, significa che non sono più così forti.
Chi potrebbe essere il suo successore?
Ogni cellula ha un suo leader e potrebbe anche non essere scelto nessuno. Il più accreditato però è Ayman al-Zawahiri, il numero 2, il medico egiziano con bin Laden fin dal 1990, l’ideologo e il cervello di al Qaeda. Lui è in grado di guidare il terrorismo globale e potrebbe essere scelto dalla shura, il consiglio dell’organizzazione.
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