Resistere alle cronache intossicanti dei cinici senza cuore. Eccola, l’impresa dell’estate

La fatica maggiore di quest’estate? Non farsi sopraffare dai cattivi, disperanti, sentimenti. Che poi ti fanno sentire meschino, futile, alle prese con cose da niente, che tendono, quindi, a ridurti a niente. Bisognerebbe, forse, non leggere i giornali. Ma come fa uno che è, tra l’altro, giornalista da più di 40 anni, e che grazie alla dipendenza, parziale, dalla carta stampata è riuscito ad evitare del tutto quella da tubo catodico? Non sono solo le gesta dell’onorevole Mele. Roba sua, se non che poi dichiara che è stato bravo perché ha telefonato al ricevimento dell’albergo per avvisare che la ragazza stava male «invece di andarmene semplicemente, come moltissimi avrebbero fatto». La norma di riferimento è, dunque, non solo la «fragilità umana», dallo stesso invocata a scusante, ma la vigliaccheria, la protervia, il mollare una che sta male. Se tu sei un pelino sopra di quella norma, quella del senza cuore, sei un tipo bravo, notevole.
La rabbia aumenta quando ti accorgi che nessuno, poi, si indigna per questo: tutti avanti sull’ipocrisia del cattolico che tradisce la moglie, sulla “squillo”, sulla planimetria dell’albergo in via Veneto, dolce vita e via scemenziando. E la viltà, dove la mettono, gli opinion maker? Il sentirti riscattato, e dirlo, solo perché hai fatto una telefonata balbettando, da cui nessuno ha capito cosa era successo, tanto che poi la poveretta ha dovuto richiamare lei per far capire, e scagliare poi le tue autodifese in testa a milioni di poveri diavoli che, invece, fanno quel che possono, aiutano la vecchietta, rimettono in piedi il bambino caduto, dicono “scusi”, e adesso leggono di te, dalla sdraio, tra un gridio di bambini, loro e di altri, e mogli accigliate, che tuttavia faranno la loro parte, come ieri, come sempre? Come non essere travolti dalla vergogna, che lui non prova, e neppure quelli che commentano parlando di carne debole, ipocrisia, cattolicesimo, matrimonio, e non di viltà, dell’altro usato come oggetto, anche dopo, anche quando sta male, e non c’è più scusante.
Siamo miserabili non perché e quando cediamo alla carne, di cui siamo fatti, ma quando non abbiamo cuore. Questo delitto però, il più grande, non è neppure visto, e quindi mai commentato. E allora non è l’esistenza della cattiveria, o dell’assenza di bontà che sconcerta, ma il fatto che nessuno si ponga il problema. Che i tossicodipendenti (come ogni persona debole e bisognosa) possano ricattare e mordere la mano che li ha aiutati è cronaca e storia, ma perché non una parola sulla difficoltà di chi aiuta, di chi cura, che in queste condizioni può essere travolto dal primo pm che raccolga tre testimonianze concordate, come già fu per Vincenzo Muccioli, incatenato in tribunale, dopo migliaia di ragazzi salvati? è possibile aiutare, curare, accogliere, nel modello culturale e comunicativo, dei senza cuore? è il cuore, il vero nemico del potere secolarizzato. Per questo non ne parla mai. Per questo le sue cronache sono intossicanti. Ma non bisogna lasciarsene avvelenare.
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