Esti, padre comboniano: «La situazione dei cristiani in Egitto sembra peggiorata ma c’è speranza»

Di Leone Grotti
05 Maggio 2011
P. Giovanni Esti, sacerdote missionario comboniano, spiega la situazione dei cristiani in Egitto, commentando l'inserimento del paese fra gli Stati persecutori della libertà religiosa: «Chi ha fatto la rivoluzione vuole la convivenza tra cristiani e musulmani. Dopo Mubarak la situazione sembra peggiorata ma la speranza che le cose miglioreranno è motivata»

«Anche se adesso la situazione dei cristiani sembra peggiorata rispetto a quando c’era Mubarak, considerando che dalla sua caduta la repressione è diminuita e ci sono state meno manifestazioni di violenza di quante ce ne aspettassimo, abbiamo la speranza motivata che nel giro di una generazione la situazione in Egitto migliorerà». Lo dichiara a Tempi p. Giovanni Esti, sacerdote missionario comboniano che risiede al Cairo, che ha commentato l’inserimento per la prima volta dell’Egitto fra i paesi persecutori dei cristiani da parte del Congresso degli Stati Uniti.

A fine aprile la Commissione Usa sulla libertà religiosa ha inserito nel suo rapporto l’Egitto tra i paesi persecutori dei cristiani. La situazione è cambiata dopo la caduta del regime di Hosni Mubarak?
Il rapporto dice la verità. Mubarak si era costruito un’immagine di protettore dei diritti e della democrazia agli occhi degli occidentali. Dopo la rivoluzione, però, sono uscite informazioni sul fatto che il governo fomentava episodi di intolleranza religiosa e persecuzione solo per consolidarsi poi come garante della libertà religiosa. Ad esempio, si è scoperto che il mandante dell’attacco alla chiesa di Alessandria del dicembre scorso era il ministro degli Interni. Nonostante questo, è vero che gli esempi di intolleranza prima venivano repressi dal governo. Adesso invece, senza un governo, senza le leggi anti-terrorismo, gli episodi di persecuzione aizzati da gruppi estremisti, come i salafiti, non vengono perseguiti.

A cosa sono dovuti questi casi di intolleranza religiosa?

Prima di tutto ad un fattore sociologico: in Egitto i cristiani sono una minoranza e la maggioranza musulmana è molto poco sensibile ai nostri diritti. Anche perché qui non esistono le categorie occidentali di uguaglianza o libertà religiosa, se non negli strati sociali più abbienti, educati e ricchi. I problemi più grandi sono legati alla proprietà e ai matrimoni misti: è inaccettabile che un musulmano sposi una cristiana o viceversa, si rischia di essere uccisi per questo. Temo che anche domani potrebbero verificarsi degli scontri.

Dove?

Alla cattedrale copto-ortodossa di San Marco, al Cairo. E’ riesploso il problema del dicembre scorso. Secondo i musulmani c’è una donna cristiana che vuole convertirsi all’islam ma le viene impedito di farlo. Lei è anche andata in televisione a dire che non è vero ma non è servito.

Quindi la caduta di Mubarak e la rivoluzione non hanno portato vantaggi ai cristiani?
Molti dicono che è peggiorato tutto e la sensazione effettivamente è questa. Per adesso non ci sono miglioramenti dal punto di vista economico e senza una tradizione democratica è difficile raggiungere l’ideale dello Stato laico. Però il cambiamento culturale è iniziato, nessuno di noi vuole un paese solo musulmano o solo cristiano e nessuno vuole tornare a un regime come quello precedente. Ci sono segnali per coltivare una ragionevole speranza.

Quali?

Sono certo che ci sarà una trasformazione culturale: non sto però dicendo che avverrà in poco tempo, ci vorrà una generazione. Le vecchie resistenze andranno progressivamente scomparendo. Anche se ora la situazione del dialogo tra cristiani e musulmani sembra peggiorata rispetto a quando c’era Mubarak, considerando che dalla sua caduta la repressione è diminuita e ci sono state meno manifestazioni di violenza di quante ce ne aspettassimo, abbiamo la speranza motivata che nel giro di una generazione la situazione in Egitto migliorerà.

Come?
Chi ha fatto la rivoluzione vuole l’integrazione e la convivenza tra cristiani e musulmani. Quei giorni hanno un valore enorme, della portata della rivoluzione di Ghandi. In quei momenti le linee di separazione tra i vari gruppi sono scomparse. Per le strade ci sono ancora graffiti con la Mezzaluna e la Croce insieme. Certo, gli ostacoli ci sono: come l’università di Al Azhar, per cui la tolleranza è il massimo che può essere concesso ai cristiani. Oppure la corruzione, che è aumentata: anche perché è stata tagliata la testa del regime ma il corpo è ancora lì. Però, tutto quello che sembrava impossibile durante la rivoluzione è successo e può accadere ancora.

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