
Un plauso al pur sospettoso Corriere. Per Repubblica è reato mangiare bene
A leggere oggi Repubblica viene da chiedersi se mangiare bene sia da considerarsi un reato. Sul quotidiano di Ezio Mauro compare a pagina 15 un articolo così titolato: “Cene da 26mila euro, hotel di lusso, gioielli. Ecco le pubbliche relazioni del faccendiere”. Repubblica elenca le spese di Piero Daccò, come risulta «dalle sei carte di credito sequestrate dalla polizia giudiziaria all’ex consulente del San Raffaele». Si scopre che Daccò amava trattarsi bene (pranzi e cene in hotel di lusso, acquisti in negozi di liquori, persino «scorte personali di Sciachetrà, il passito delle Cinque Terre»).
E quindi? E quindi niente. Spendere i propri soldi non è reato. Ovviamente, anche Repubblica ne è consapevole, ma tutto serve per dipingere il “faccendiere” Daccò e insufflare il sospetto «che tutte quelle uscite possano essere servite per un’attività di lobby non sempre cristallina».
“Sospetto”, “lobby”, “cristallina”. Prove? Nessuna. Però in pagina ci finisce il “sospetto”. Soprattutto ci finiscono le illazioni del cronista, che non spende una parola per spiegare che Daccò ha ribadito ai magistrati di non aver mai corrotto nessuno e, soprattutto, di aver messo a disposizione dei pm i suoi conti, in modo da verificare il suo comportamento.
Per scoprire questo fatto, occorre leggere il Corriere della Sera che, nell’edizione odierna, pagina 9, a firma di Luigi Ferrarella ed Elisabetta Soglio dà conto dello “Scandalo sanità in Lombardia” (così la testatina di pagina).
Soglio riporta quanto accaduto ieri durante la diretta via web sul sito del Corriere (qui una sintesi). Cronaca onesta che non nasconde anche i commenti critici di alcuni utenti («qualche lettore ha lamentato l’insistenza dei cronisti: “Pensate di essere il Tribunale della Sera?”»).
Ferrarella, invece, dà conto delle parole che Daccò ha pronunciato davanti ai magistrati. Certo, come ha detto l’avvocato di Daccò, «all’interrogatorio era presente un convitato di pietra: il reato di corruzione. I pm non lo contestano, ma in tutte le poche domande che sono state poste al mio assistito emerge chiaramente che il sospetto degli inquirenti è che Daccò corrompesse qualcuno». Tuttavia Ferrarella ci informa anche del fatto che, sempre secondo l’avvocato, «”Daccò esclude tassativamente di aver mai dato un centesimo a politici o funzionari pubblici”. Nega anche di aver fatto mai riavere denaro a chi glielo aveva dato all’estero (per schivare la contestazione di riciclaggio); sostiene che siano state “sempre reali le prestazioni per le quali riceveva compensi da istituti ospedalieri” come la Fondazione Maugeri».
Nell’articolo Ferrarella riporta le perplessità dei giudici sulle parole di Daccò, ma ci fornisce anche una notizia che non ritroviamo su altri quotidiani: «Daccò conferma “di aver fatto lobby a tutti i massimi livelli competenti, eccetto che con il Presidente”. Per sfidare la Procura a smentire “l’inesistenza di pagamenti illeciti ai politici”, presta il consenso alla procedura semplificata della rogatoria svizzera dei pm sui conti dei suoi fiduciari vecchi e nuovi”».
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