“Life” di Daniel Espinosa, un clone di “Alien” ma di serie B

Di Simone Fortunato
14 Aprile 2017
Una spedizione nello spazio si trova davanti una forma di vita aliena. Ci si diverte, almeno chi ama il genere, ma c’è poco altro oltre al mostro a cui manca il physique du rôle

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – B movie discreto, non eccezionale. È una scopiazzatura di Alien, citato in quasi ogni inquadratura, mentre nelle poche in cui non viene saccheggiato il film di Ridley Scott, entrano in gioco le reminiscenze del più recente Gravity, con il suo realismo, l’assenza di gravità, i lunghi piani sequenza, e de La cosa di Carpenter. Il cast invece non è da serie B: ci sono Gyllenhaal e Reynolds, che però non è che facciano ’sto figurone. Atmosfere claustrofobiche, sfoggio di tecnologia e di buoni effetti. È fantascienza classica che però non ha dietro né una grande regia né la forza metaforica dei grandi film.

Ci si diverte – almeno chi ama il genere – ma c’è poco altro oltre al mostro a cui manca il physique du rôle. Insomma, gli alieni di Scott facevano una paura terribile, erano opere d’arte che pescavano dall’immaginario sessuale e te le portavi a casa, in testa, anche a film finito. Quella di Life è una creatura senza spessore, di cui già ci si è dimenticati sui titoli di coda.

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