
Terra di nessuno
Pellegrini a Vézelay. Al riparo tra mura millenarie
Pubblicato su Tempi n.3/2012, gennaio
Cinque gennaio. Piove e tira un vento forte nello Yonne, in Borgogna. Per le strade del borgo di Vézelay non c’è nessuno. L’abbazia medioevale compare davanti agli occhi d’improvviso, in fondo a una via stretta. Imponente, austera; un velo sottile di muschio la fa parere, più che opera di uomini, una parete di roccia. Qui sono custodite, testimoniano antichi manoscritti, le reliquie di Maria Maddalena. Qui, nel 1146, san Bernardo predicò la seconda crociata. Crocevia di pellegrini in cammino verso Santiago, nei secoli abbandonata e poi risanata, porta ancora addosso le ferite della Rivoluzione: le teste delle statue e sui bassorilievi sono state mozzate, in una furia cieca.
Ma in questa mattina di gennaio del 2012, sotto a un cielo gonfio di pioggia, Vézelay è ancora un posto di preghiera, fra le colline silenziose. A mezzogiorno e mezzo nel chiostro i monaci e le monache della Fraternità di Gerusalemme cantano l’ora media. Le voci femminili, più alte, si allargano tra le mura chiare, come onde sull’acqua.
E fuori tra le basse case grigie del paese, il vento, come tira forte e freddo. Si scaglia contro la facciata della abbazia vecchia di oltre mille anni con violenza, come contro a una barriera che voglia abbattere. Urta contro il grande portone di legno con un rimbombo cupo: tuuumff. Sembra una mano che, pesantemente, bussi.
Chi bussa a Vézelay? Nella penombra dell’atrio in cui cerchi riparo dal freddo, sotto al timpano con Cristo benedicente, quel tonfo rude sembra proprio annunciare uno sconosciuto visitatore. Chi bussa dunque? Come l’eco di antichi pellegrini, per secoli arrivati a questa soglia stanchi, bagnati, infreddoliti. O forse è ancora l’ombra di nemici, invasori, vandali ciechi di una strana rabbia, con martelli e con mazze brandite a sfracellare i bei sereni profili dei santi di marmo?
Tuuumff, un colpo più forte ancora. O che sia forse il tempo che bussa alle porte di Vézelay, granitica custode delle reliquie della donna che – per prima, per grazia – vide il sepolcro vuoto, e Cristo ritornato dalla morte? Sì, forse è il tempo questo urto prepotente contro il portone della abbazia; forse sono i secoli, rappresi in una massa oscura, che si accaniscono contro questa fortezza di memoria.
E bussa, bussa minaccioso il vento, e ulula come un lupo nella ampiezza luminosa delle navate. Immobili e serafiche le statue di vergini e santi; anche quelle mozze, nella mutilazione testimoni più ostinate. Nell’atrio, primo rifugio contro la pioggia e il soffiare dell’aria tagliente, dal timpano sull’arco centrale un Cristo benedicente allarga le braccia – ad accogliere ancora chi arrivi a varcare questa porta.
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