
Cambiamento climatico? Coraggio, ne abbiamo superate di ben peggiori

Quello che segue è il quarto di una serie di articoli firmati da Bjørn Lomborg e pubblicati da Tempi in esclusiva per l’Italia in vista della Cop26, la conferenza globale sul clima in programma per novembre 2021 a Glasgow. Lo scopo di questa rubrica è mettere in luce dati scientifici spesso trascurati nella narrazione dominante sul clima, eppure non meno importanti del fatto che «il cambiamento climatico è un fenomeno reale e causato dall’uomo», come sostiene Lomborg.
Le puntate precedenti sono disponibili qui.
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In tutto il mondo, secondo uno studio di Lancet di prossima pubblicazione, i giovani sono terrorizzati dal cambiamento climatico. Più del 45 per cento delle persone di età compresa tra i 16 e i 25 anni nei 10 paesi coinvolti nella ricerca è preso da una preoccupazione tale da incidere nella vita e nelle attività quotidiane. Quasi la metà dei giovani americani crede che «l’umanità è condannata», e due terzi pensano che «il futuro è spaventoso». Ma se è vero che il cambiamento climatico è un problema, il panico tuttavia è ingiustificato.
I dati mostrano che l’umanità ha fatto fronte a minacce molto peggiori nell’ultimo secolo. Nel 1900, se l’uomo fosse stato in grado di sbarazzarsi dell’inquinamento dell’aria – per lo più inquinamento domestico provocato da combustibili fumogeni come legna e letame –, il beneficio che ne avrebbe tratto sarebbe stato pari a una crescita del prodotto interno lordo globale del 23 per cento. Per un pubblico giovane, questo può sembrare insufficiente come misura del benessere, ma un Pil più grande significa salute migliore, mortalità più bassa, accesso più ampio all’educazione e in generale migliori standard di vita. Entro il 2050 la questione dell’inquinamento dell’aria sarà per la maggior parte risolta. E questo è soltanto uno dei tanti problemi che l’umanità ha eliminato negli ultimi 100 anni, secondo i dati che io e 21 tra i più importanti economisti abbiamo raccolto.
La sfida posta dal cambiamento climatico tanto all’ambiente quanto alla società appare piuttosto ridotta in confronto con quelle che l’umanità ha già affrontato. L’economista del clima premio Nobel William Nordhaus ha dimostrato che un innalzamento delle temperature di 3,5 gradi Celsius a livello mondiale entro il 2100 – scenario probabile se i decisori faranno poco per fermare il cambiamento climatico – costerebbe appena il 2,8 per cento del Pil globale all’anno. La stima più recente delle Nazioni Unite è addirittura più bassa, fermandosi al 2,6 del Pil per cento a fronte di un incremento di 3,7 gradi Celsius.
Non solo, l’Onu prevede anche che nel 2100, senza i costi del cambiamento climatico, le persone potrebbero essere in media più ricche di oggi del 450 per cento. In base alle proiezioni delle temperature attuali, il riscaldamento globale abbatterebbe tale valutazione portando l’aumento di ricchezza medio ad appena il 434 per cento. È un problema, ma non è la fine del mondo.
Prendersi cura dell’ambiente e del benessere umano non significa che dobbiamo terrorizzare i giovani con il cambiamento climatico. Dovremmo invece incoraggiarli a dedicarsi all’innovazione. È questo che in passato ha salvato l’umanità da pericoli ben maggiori, e che ci aiuterà adesso.
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