
Come cambia l’agenda di Biden con il nuovo Congresso Usa

Con la vittoria del Reverendo Raphael Warnock in Georgia i Democratici hanno ottenuto la maggioranza del Senato, dopo due anni in cui è stato spesso decisivo (per 26 volte) il voto della vicepresidente Kamala Harris per rompere la parità tra il partito del Presidente Joe Biden e i repubblicani.
Per Biden un fine mandato simile all’Obama bis
La Georgia conferma il suo ruolo di stato decisivo nella politica americana: qui un repubblicano anti-trumpiano, Brian Kemp, è stato rieletto governatore. Qui si sono messe di nuovo in evidenza le tendenze ormai cristallizzate degli elettori Usa, con il voto in massa nei grandi centri urbani (come Atlanta e Savannah) ai Dem e le periferie e i piccoli borghi favorevoli al GOP. Joe Biden può tirare un sospiro di sollievo. Un Senato a maggioranza Dem significa nessuna possibilità per i repubblicani di ottenere la sua messa in stato d’accusa – il cosiddetto impeachment – nonostante la procedura possa essere quasi certamente istruita in una Camera dei Rappresentanti dove i repubblicani hanno la maggioranza con 222 representatives contro i 213 dei Democratici.
Ai fini dei lavori dell’aula, si prospetta un ruolo molto più marginale per quei senatori Dem maggiormente conservatori come Joe Manchin e Kyrsten Sinema, che in passato hanno fatto tribolare non poco la Casa Bianca per ottenere il loro voto sul programma del Presidente. Per Biden sarà un fine mandato molto simile a quello dell’Obama bis, con i repubblicani che bloccheranno tutto il programma legislativo del Presidente, il quale farà ricorso sempre più agli executive orders per sviare il problema, che però non potrà essere aggirato del tutto. Sull’aumento al tetto del debito e il budget governativo si cercherà di giungere a un accordo, ma anche in questo caso non si può essere certi: in passato non sempre i partiti hanno trovato un accordo sul debt ceiling, norma fondamentale per garantire la continuità amministrativa del governo.
Gli interessi convergenti e i guai di Hunter Biden
Ci sono alcune misure su cui esiste una forte convergenza tra i partiti, come la necessità di legiferare sulle norme anti-trust, le criptovalute e lo strapotere dei social media. Ma man mano che si avvicineranno le presidenziali del 2024 prevarrà la voglia di bloccare tutto per presentarsi quasi intonsi all’elettorato. Una legge come l’Inflation Reduction Act – che in realtà contiene misure contro il cambiamento climatico e investimenti nella sanità – non avrebbe alcuna possibilità di passare nel presente contesto politico: i repubblicani credono abbia favorito la mini-rimonta Dem al Senato (e in parte anche alla Camera) e darebbe ulteriore lustro a Biden.
Con il Congresso paralizzato, il Gop avrebbe tempo di occuparsi della vicenda che riguarda il figlio del Presidente, Hunter, che ha un passato pieno di scheletri nell’armadio: dalla sua dipendenza alle droghe ad alcuni affari sospetti all’estero per cui è finito nell’occhio del ciclone. I repubblicani credono che molte delle politiche green propugnate dal Presidente siano il risultato degli interessi privati di Hunter Biden. La fuga di notizie relative al contenuto del suo pc sarebbe fonte di grave imbarazzo per la Casa Bianca. James Comer, il repubblicano del Kentucky che probabilmente presiederà l’Oversight Committee della Camera dei Rappresentanti ha affermato che «le indagini su Hunter Biden sono finalizzate a tutelare Joe Biden perché crediamo che suo figlio ne possa avere compromesso l’operato». Difficile credere che i repubblicani vogliano tutelare il Presidente democratico con le presidenziali da qui a meno di due anni a venire.
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