La legalizzazione dell’eutanasia priva lo Stato del suo carattere di attore rassicurante, credibile, razionale, prevedibile. Proprio ciò su cui si basa il principio della deterrenza
Foto Ansa
La guerra totale, cioè nucleare, è di nuovo nell’ordine del pensabile e del possibile. E nel frattempo in Occidente discutiamo della legalizzazione del suicidio eutanasico. A priori, non si vede nessun rapporto fra queste due cose. Tuttavia, la congiunzione dei due fenomeni è estremamente inquietante. Perché? Perché l’eventuale legalizzazione del suicidio eutanasico parteciperebbe di una dinamica che tende a sostituire l’equilibrio del terrore con quello che Thérèse Delpech chiama lo «squilibrio del terrore».
Fare la guerra atomica significa suicidarsi uccidendo il proprio avversario. Più il suicidio è contrario alla logica di una cultura, più la deterrenza classica (la rinuncia a uccidere per paura di morire) è credibile da parte di uno Stato strutturato da questa cultura. Si capisce dunque che se il suicidio entra in maniera quasi normale nella logica di una cultura, l’economia della deterrenza si trova profondamente perturbata.
Davvero “nessuno desidera suicidarsi”?
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