
Giovanati. A Milano la parolaccia non è donna ma mamma

Il Medioevo! il maschilismo! Il Ventennio! Le suore! Chi non vuole o non può avere figli! Dunque a sentire consiglieri di Milano e colleghi con l’imprinting del pistarolo duro, Deborah Giovanati avrebbe trasformato una discussione sul nuovo regolamento della Commissione paesaggio in un caffè con Torquemada.
E cosa avrebbe detto la consigliera di Forza Italia da meritarsi titoli su quello che non ha detto (“’Una donna per essere tale deve essere mamma’. L’intervento choc della consigliera di Forza Italia’”, copy Repubblica) e la reprimenda di un sindaco che in aula nemmeno c’era (“Quindi io uomo senza figli sono meno uomo?”), ma che certamente ha letto i giornali?
Deborah Giovanati ha fatto approvare dall’opposizione un importante emendamento che inserisce il tema dell’accessibilità e della disabilità nella futura Commissione paesaggio del comune di Milano. Polemica e titoli acchiappaclic sono stati montati però su quello che è accaduto durante la discussione dell’emendamento Pd per portare a 7 (anziché 6 su 15 componenti) il numero delle donne in Commissione, cioè del “genere meno rappresentato”.
«Che cos’è una donna?». Così Giovanati manda ai matti la giunta milanese
«Non vorrei essere presa con ilarità perché penso sia una questione importante ma sempre più ascoltiamo intellettuali, politici, che si pongono la domanda “ma che cos’è una donna?”, “come facciamo a definire che cos’è una donna?”. Voi riuscite, colleghi, a definirmi che cos’è una donna?», ha chiesto provocatoriamente Giovanati.
Chi legge e scrive sui giornali e non abita a Fantasilandia conosce il senso della provocazione in tema di quote rosa e sa bene che la risposta non è affatto scontata nella galassia della sinistra liberal occidentale: dall’America al Regno Unito (ripassatevi le strampalate definizioni rese da una giudice della Corte Suprema, dai leader del Labour e dal Cambridge Dictionary) dal dibattito si è ormai passati allo scontro politico sull’identità e il corpo e “donna” – quando non è un “corpo con la vagina”, un “menstruator”, una “persona con la cervice”, “col buco davanti” – è diventata anche qui una parola “trans escludente”, citofonare a quelle che i giornali come Repubblica e filosofe come Michela Marzano chiamano disinvoltamente Terf, da Marina Terragni a Monica Ricci Sargentini, perché a domanda rispondono: «Un essere umano di sesso femminile, colei che ci ha messo tutti al mondo».
Milano tra carriera alias e file gender neutral
Lo abbiamo scritto tante volte, gli episodi iniziano a diventare troppi per considerare il fenomeno come occasionale. E i risvolti sulle quote rosa esistono. E così:
nella Milano magnificata dai giornali quale «prima grande città italiana a riconoscere la cosiddetta “carriera alias” ai suoi dipendenti», e a sostenere con la delibera della giunta «le persone transgender o “gender non conforming”, cioè con un’identità di genere che non corrisponde al loro sesso biologico»;
in quel Palazzo Marino che ha diramato un comunicato a chi ha presieduto il seggio elettorale alle Europee «affinché, consapevole dell’impatto della divisione in uomini e donne, non distribuisca gli elettori in due file, tenga i registri vicini e proceda all’identificazione delle persone solo quando arriva il proprio turno, optando per una modalità non discriminante e maggiormente rispettosa dell’identità di genere di ciascuno»;
nella Milano «capitale dei diritti» capace di «segnali inequivocabili in favore del riconoscimento del genere di elezione» (copy Monica Romano, prima persona transgender in Consiglio comunale eletta in quota Pd) e che realizza opuscoli su “Lavoro e identità di genere” contro le discriminazioni dei transgender nell’ambito lavorativo;
in questa Milano che Giovanati ben conosce e in cui fa politica dal 2016, la consigliera si è permessa di lanciare la provocazione.
Cosa ha detto Deborah Giovanati?
«Se vogliamo approvare una modifica del regolamento di questo tipo io voglio la garanzia che i sette componenti siano donne. In questo momento – ha continuato riferendosi ai dubbi posti spesso da esponenti del centrosinistra e dei partiti della maggioranza su cosa sia una donna e ricordando la retorica sul liberare le persone da etichette, categorie, gabbie di genere, e la difesa della fluidità – l’unica cosa che sono certa non possiate porre in dubbio è che una mamma è una donna».
Alla pioggia di insulti e di “e allora io non sono una donna?” delle consigliere d’opposizione Giovanati ha ribadito che a metterlo in dubbio sono persone del loro stesso partito, da qui la richiesta che le “donne” della commissione siano madri «che nessuno può mettere in dubbio siano donne».
E come hanno tradotto giornali e consiglieri?
Giovanati dice quindi che una madre è una donna. E come traducono i giornali? “Frase choc”, “Deborah Giovanati: ‘Per essere sicuri che una persona sia una donna deve essere mamma’” (Corriere), “Giovanati: ‘Una donna è tale solo se mamma’” (Repubblica e La Stampa), “’Una è donna solo se mamma’” (Il Giorno), “’Solo una mamma è certamente donna’” (Al femminile – Gruppo Gedi e Repubblica).
Et voilà, il caso è montato:
«A destra (sic!, ndr) c’è un problema evidente a distinguere le parole, come la differenza tra sesso e genere. Giovanati ha dato voce al peggior maschilismo. Le sue frasi sarebbero risultate attuali giusto durante il Ventennio. Ha espresso una cattiveria inaccettabile contro le donne senza figli: un insulto a chi sceglie di non averne e una crudeltà violenta nei confronti di chi, per ragioni di forza maggiore, non ha potuto diventare madre» (Alessandro Capelli, segretario Pd Milano Metropolitana).
«Secondo il suo ragionamento, non dovremmo considerare donne neanche coloro che scelgono di dedicare la loro vita a Dio, non essendo mamme? Ecco il cortocircuito di una destra retrograda» (Silvia Roggiani, deputata e segretaria regionale del Pd).
«Parole offensive nei confronti di tutte le donne, in particolare di quelle che non sono madri. Parole che denotano anzitutto ignoranza e che ci presentano un’idea di società fuori dal tempo, quella in cui l’unico obiettivo delle donne è la procreazione. Denunciamo l’aggressività e la discriminazione che si cela dietro a simili affermazioni» (Giulia Pastorella, vice presidente Azione).
«Dire che una donna è tale solo se madre ci riporta a un concetto di donna che era in voga nel Ventennio. Cosa dovrebbero dire le donne che – per libera scelta o anche a causa di problemi di salute – non hanno avuto figli? Purtroppo la furia ideologica rende ciechi, mentre su questioni tanto delicate occorrerebbe soppesare le parole, riflettere e, soprattutto, andare oltre la dialettica politica e restare umane» (Monica Romano, vice presidente della commissione pari opportunità a Palazzo Marino).
«Mi sono chiesto: quindi io, che sono un uomo e non ho potuto avere figli per motivi di salute, mi devo sentire meno uomo?» (il sindaco di Milano Beppe Sala)
A Milano non si può sentire “mamma”
Giovanati ha fatto un errore solo: ritenere i colleghi all’altezza della loro stessa propaganda. E dimenticarsi che nella Milano che ospita la fiera dei bambini in vendita e le tecniche di riproduzione che consentono di definire “madre” tre, quattro, cinque persone diverse, che si batte per i figli dell’utero in affitto, e che boccia l’esposizione in piazza dell’opera dell’artista Vera Omodeo, la statua che raffigura una madre che allatta al seno e che è stata intitolata “Dal seno materno veniamo” perché rappresenta un valore “rispettabile” ma “non universalmente condivisibile” da tutti, la parolaccia non è “donna”. La parolaccia è “mamma”, “colei che ci ha messo tutti al mondo”. O forse non si è trattato affatto di un errore.
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