Il vicepresidente degli Stati Uniti è il punto d’equilibrio tra l’anima tecnolibertaria di Musk e il populismo di Trump. Ha umili origini, ma si è laureato a Yale. Sa parlare alla sinistra socialista, ma anche al mondo della finanza. E ha solo 40 anni, la metà del presidente
Il vice presidente degli Stati Uniti d’America J.D. Vance, Milwaukee, Wisconsin, 17 luglio 2024 (foto Ansa)
Il trumpismo è una mistura confusa di elementi eterogenei nella quale emergono almeno due anime fondamentali, quella tecnolibertaria e quella populista. La prima è l’arciamericana febbre del fare e del deregolamentare, del tagliare tasse e colonizzare Marte, di far partire e atterrare razzi, l’ardimento di costruire cose nuove liberandosi della zavorra dello Stato e dei suoi lacci.
La seconda prescrive la protezione del popolo e della sua dignitosa autenticità dai progetti malintenzionati che l’élite ha preparato per inquinarne l’identità, con il pretesto di proteggerla.
J.D. Vance: la sintesi delle due anime
La prima è appannaggio dell’industria, delle corporation tradizionali, della metà della Silicon Valley che si è convertita al verbo di Donald Trump, dei mercanti di criptovalute. La seconda difende il potere d’acquisto della working class, contrasta la delocalizzazione, avversa l’immigrazione, promuove dazi e politiche famigliari con metodi che non dispiacciono ai seguaci di Berni...