Venezia, Cannes e tutti quei film che non vedremo mai

Di Paola D'Antuono
10 Settembre 2012

La Mostra del cinema di Venezia ha chiuso i battenti decretando i vincitori. Il Leone D’oro è andato al coreano Kim ki-Duk per Pietà,  Paul Thomas Anderson ha conquistato il Leone d’argento per la migliore regia con il suo The master, il controverso Paradies: Glaube di Ulrich Seidl ha vinto il Premio speciale della giuria, la Coppa Volpi per il miglior attore è andata a pari merito a Joaquin Phoenix e Philippe Seymour Hoffman, co-protagonisti di The Master di Anderson, mentre la Coppa Volpi per la migliore attrice se l’è aggiudicata l’isreaelina Hadas Yaron per Fill the Void di Rama Burshtein. Tutte pellicole meritevoli, certo, che la distribuzione italiana ha già provveduto ad acquistare ed è pronta a immettere sul mercato.

VENEZIA & AFFINI. La fine di un festival del cinema porta sempre con se un inevitabile strascico di polemiche e questa sessantanovesima edizione veneziana non è stata certo risparmiata. Per alcuni critici il livello è ormai sempre più basso, per altri i film erano di livello discreto ma si sarebbe potuto fare di più, per altri ancora lo spettacolo vince sulla qualità. In medio stat virtus, dicevano gli antichi, ma su una cosa tutti dovremmo essere d’accordo: queste manifestazioni dovrebbero essere innanzitutto una vetrina prestigiosa per i film, che siano di autori famosi o di promettenti registi sconosciuti. Sappiamo benissimo che questa vocazione si è persa negli anni e sempre più spesso i migliori film, quelli più originali, meno scontati e spesso di cinematografie pressoché sconosciute o peggio ancora sottovalutate, rimangono nel cassetto, senza un distributore italiano che li porti in sala. Prendiamo per esempio il maestro portoghese Manoel De Oliveira, che a 104 anni è ancora attivissimo e quest’anno ha  presentato Fuori Concorso al Lido il suo Gebo e l’Ombra. Fonti ufficiose danno per certo l’acquisto da parte della distribuzione italiana della pellicola, forse per rimediare alle mancanze degli anni precedenti. Basti pensare al suo film precedente, Singolarità di una ragazza bionda: uscito lo scorso anno è stato completamente ignorato dalle case di distribuzione italiane, fino a quando il signor Antonio Sancassani, proprietario del cinema Mexico di Milano, non ha deciso di acquistarlo e di proiettarlo nel suo cinema, facendo la felicità del suo pubblico che da più di quattro mesi affolla la sala di via Savona 57. E pensare che il film precedente, O Estranho Caso de Angélica, passato al Festival di Cannes, aveva avuto anche destino peggiore (leggasi un passaggio notturno su Rai3).

IL BUCO NERO DELLA DISTRIBUZIONE. Perché la verità è una sola: ci sono film bellissimi, originali, commoventi, strazianti, che non vedremo mai nonostante gli applausi scroscianti della critica e le recensioni a cinque stelle dei blogger. I distributori italiani rischiano poco e puntano quasi sempre al blockbuster, che garantisce sale piene e incassi facili. Il pubblico più attento alla qualità e alla sperimentazione deve accontentarsi di improbabili versioni reperite in rete, di coraggiosi distributori indipendenti come il signor Antonio o di rassegne cinematografiche con posti ad altissimo rischio esaurimento. Un esempio? La panoramica milanese Le vie del cinema, che ospita i migliori film dei festival di Locarno e di Venezia, l’unico posto dove probabilmente gli spettatori potranno vedere alcuni tra i titoli più interessanti dell’ultimo anno: Superstar, Outrage Beyond, La Cinquième Saison (acquistata dalla Nomad film ma che non ha ancora una data di uscita precisa) e il filippino Thy Womb solo per citarne alcuni. Tutto il resto della cinematografia mondiale festivaliera e non è destinata a finire in un buco nero lontano dalle affollate sale del centro città riempite di action-movie al sapore di pop-corn e commedie americane per le quali non varrebbe spendere nemmeno le vecchie e rimpiante cento lire.

@paoladant

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