
E se per risolvere la crisi del debito Obama “vendesse” Taiwan alla Cina?
Come potrebbe Obama rimettere in piedi gli Stati Uniti, farsi rieleggere e preservare l’America anche negli anni a venire in un sol colpo? Semplice: “vendere” Taiwan alla Cina. “Dovrebbe aprire negoziati segreti con i leader cinesi, chiedergli di cancellare gli oltre mille miliardi di dollari di debito che Pechino attualmente detiene in cambio di un patto che ponga fine all’assistenza militare, alla vendita di armi a Taiwan da parte dell’America e all’accordo difensivo vigente tra i due paesi”.
Ha scritto così Paul V. Kane, ex Marine che ha combattuto in Iraq e frequentato Harvard, il massimo del patriottismo, sul New York Times. “L’isola di Taiwan” continua l’articolo “inevitabilmente sarà assorbita dal continente”, inutile portare avanti un rapporto “figlio della guerra fredda”, perché “il problema della sicurezza nazionale” non si risolve più “con le armi” ma “con il taglio del debito“. Anche la Cina ci guadagnerebbe, oltre che da punti di vista strategici e politici, da quello economico: risparmierebbe spese militari per 50 miliardi di dollari l’anno. Senza contare che entrambi eviterebbero un’inutile guerra per il controllo del Pacifico.
L’articolo di Kane, che non tiene in nessun conto i desideri dei cittadini di Taiwan, che essendo indipendenti dal 1949 non hanno nessuna intenzione di finire sotto il regime comunista cinese, ha però creato scalpore, è stato bollato da tanti come “assurdo”, anche se nessuno ha riso di quest’ipotesi. E per quanto Gerrit van der Wees, dell’Associazione Formosa, gruppo di Washington che sostiene la causa dell’indipendenza di Taiwan, abbia criticato il pezzo di Kane definendolo “un articolo oltraggioso scritto da qualcuno che sembra non avere la minima idea di quello di cui sta parlando”, altri fanno notare che secondo alcuni segnali forse Obama sta pensando davvero a una soluzione del genere per evitare di tagliare la spesa sociale o la Difesa.
Due mesi fa l’amministrazione Obama ha risposto negativamente alla richiesta di Taiwan di comprare alcuni Jet F-16, gli stessi che gli Usa hanno venduto senza sollevare problemi all’Indonesia. Inoltre, Obama ha preso nuovi accordi con l’Australia, con Singapore, con le Filippine, con la Thailandia e perfino con il Myanmar, dove si è recata Hillary Clinton. Tutto questo fa pensare che per l’America la partita nel Pacifico sia molto importante, ma l’esclusione di Taiwan da questo insieme di iniziative fa pensare male molti analisti. Come dichiarato da John Copper, docente di Studi internazionali al Rhodes College di Memphis, Tennessee, «Kane ha capito, come tanti altri, che Obama disprezza Taiwan. I democratici pensano che Bush amasse e aiutasse Taiwan e un altro fattore che mette Taiwan in cattiva luce per Obama è il partito nazionalista, di destra, che è attualmente al potere». Non solo, Copper ricorda che con Obama l’Accordo per il libero commercio tra Usa e Taiwan è finito nel dimenticatoio, che sono due anni che un diplomatico importante a stelle e strisce non si fa vedere sull’isola e che da tempo immemore la parola Taiwan non si sente all’interno di un discorso sull’Asia da parte di un diplomatico dell’era Obama.
Insomma, Kane avrà anche scritto un articolo provocatorio e irrealizzabile ma di sicuro «è ben informato». Se gli Usa lasciassero davvero Taiwan in mano alla Cina, senza più sostenere militarmente la sua indipendenza, metterebbe finalmente d’accordo il Congresso americano, che non sa decidersi sui tagli da infliggere alla società. Di sicuro, però, scontenterebbe gli abitanti di Taiwan, che non sono così ansiosi di vedersi imporre le leggi di un regime comunista. Obama permettendo.
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