Dallapiccola: fecondazione in vitro e analisi pre-impianto aumentano il rischio di malattie congenite

Di Francesco Amicone
12 Febbraio 2013
La Corte europea dei diritti umani conferma la bocciatura della Legge 40. Secondo il noto genetista «questa tecnica non risolve i problemi del concepito e ne crea di nuovi»

La Corte europea dei diritti umani ha rigettato il ricorso dell’Italia presentato contro la sentenza della Corte che il 28 agosto aveva bocciato la legge 40 sulla procreazione assistita. Secondo i giudici di Strasburgo la normativa italiana «viola il diritto del rispetto della vita privata e familiare»: le coppie fertili portatrici di una malattia genetica devono poter ricorrere alla fecondazione in vitro e alla diagnosi cromosomica pre-impianto. Per il genetista Bruno Dallapiccola, «al di là della sentenza e della questione etica, il ricorso alla fecondazione in vitro e a questo tipo di diagnosi molto precoce dovrebbe essere sconsigliato alle coppie fertili».

La sentenza della Corte ha messo in discussione definitivamente la legittimità della legge 40. Cosa comporterà questa bocciatura? 
Mi sembra scontato che il prossimo governo sarà costretto a riaprire il dibattito sulla procreazione assistita e a legiferare nuovamente. La legge 40 cercava di fare gli interessi della madre e del bambino. Se non è stata capita, è perché si è deciso di nascondere informazioni vitali riguardo alla genetica, che è il settore più commercializzato della medicina.

Ma è possibile avere un figlio senza malattie, sfruttando la tecnica della fecondazione in vitro e la diagnosi pre-impianto?
Nessuna sentenza fa avverare l’impossibile. Oggi non c’è modo di prevedere tutte le malattie genetiche del concepito e di correggerle. La fecondazione in vitro con annessa diagnosi pre-impianto non è una panacea, come vogliono far credere certe cliniche commerciali che propongono screening allargati o certa propaganda. Questo tipo di tecnica diagnostica è rischiosa, non risolve i problemi del concepito e ne crea di nuovi. Per esempio, la possibilità che un figlio nasca con la sindrome di down sono le stesse prima e dopo la diagnosi. Nella diagnosi specifica di una sola malattia, il margine di errore è elevato e sopra al 30 per cento. Infine poco più di uno su cinquanta embrioni sopravvive alla diagnosi, e anche se sopravvive viene esposto a un rischio molto più elevato di acquisire difetti congeniti.

Quindi l’analisi pre-impianto danneggia il concepito?
Il rischio è elevato. Si pensa di risolvere un problema e se ne creano ulteriori. Sarebbe meglio lasciar fare la selezione alla natura nel ventre materno. Questo perché si tratta di una tecnica molto difficile, dove gli errori umani sono determinanti. I genitori dovrebbero affidarsi al parere di un medico prima di rivolgersi ai laboratori interessati a vendere i loro servizi. Purtroppo da qualche tempo non è più così. Si preferisce seguire le sirene e una strada che sembra più facile, che attrae con le sue lusinghe ma che nasconde gravi insidie dirette e indirette sulla vita dei genitori, del concepito e della medicina.

Stiamo andando verso un mondo dominato dall’eugenetica?
Questa sembra essere la direzione presa. Ma anche se la genetica è il settore della medicina a più alta commercializzazione, siamo ancora lontani dagli scenari paventati nei film fantascientifici. Ci si arriverà, forse, tra uno o due lustri. Per ora siamo molto indietro. Gli stessi ricercatori che hanno mappato il dna dicono che la genetica non ha rispettato le promesse.

C’è un problema più imminente dell’eugenetica per la medicina e per i medici del nostro tempo?
La spersonalizzazione della medicina, a tutti i livelli. Un fatto che non porterà benefici né ai pazienti, né ai medici, né ai genitori in cerca di un figlio “sano”.

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