
«I No Tav sono ragazzi che vivono in una dimensione parallela e violenta»
«Il rapporto di questi movimenti con la realtà si è incancrenito. Hanno rotto con la società, si sono rinchiusi in un loro mondo parallelo». Aldo Brandirali, ex di Servire il Popolo poi politico – con un certo gusto anarcoide – nelle file del Pdl a Milano, vede nei movimenti No Tav quello stesso fallimento educativo segnalato anche da Giuliano Ferrara qualche giorno fa durante una puntata di Radio Londra.
Il problema, spiega Brandirali a tempi.it è che nessuno concepisce più «la vita come cammino». Al massimo, come si può leggere su molti quotidiani, ci si accapiglia sui distinguo tra frange violente e non violente, nel tentativo di giustificare con l’irenismo delle une le prepotenze degli altri. Tant’è, chiosa Brandirali, che l’atteggiamento non violento è così graniticamente asserragliato nei propri a priori che, a un certo punto, «non può che passare ad altri metodi. Quelli violenti, appunto».
«Questi ragazzi – prosegue Brandirali – sono profondamente staccati dalla realtà perché vivono staccati dai veri problemi dell’uomo». Nessuno li ha mai introdotti a un’esperienza che fosse una vera ricerca di «che cosa, realmente, risponde al bisogno profondo della condizione umana». Tutto è contro, tutto è ostile, tutto è recriminazione. «Non c’è spazio per la ragionevolezza, per il confronto, per uno sguardo critico. Tutto è solo rottura, aggressione, assalto».
Per questo, c’è davvero bisogno di un’educazione che torni a essere non solo un problema scolastico o di buone maniera, ma che sia il quotidiano accompagnamento dentro le vicende umane. «Perché – conclude Brandirali pensando alla vicenda di Luca Abbà – è davvero assurdo rischiare di morire per un tunnel».
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