
Preghiera pubblica all’esame della Corte Suprema. Dopo duecento anni Dio non benedirà più l’America?
Una sentenza potrebbe spazzare via una pratica americana che dura da oltre due secoli. Lunedì la Corte Suprema degli Stati Uniti ha accettato di deliberare in merito al ricorso di un tribunale minore secondo il quale pregare o rivolgersi a Dio nelle riunioni di governo sarebbe in contrasto con la separazione fra Stato e Chiesa sancita dal primo emendamento. Proprio un paio di mesi fa l’ambiguità con cui si interpreta il primo emendamento era stata usata nel Mississippi per approvare una norma che, al contrario, tutela le espressioni pubbliche delle religioni. Tutti gli sforzi in questo senso sarebbero nullificati nel caso in cui il massimo organo della giustizia americana riconoscesse le ragioni dei ricorrenti.
IL CASO. A sollevare dubbi sulla pratica è stata la corte distrettuale della città di Greece, dello Stato di New York, che contesta al Comune di aver superato il limite invitando più volte un pastore cristiano a condurre una preghiera di apertura alle riunioni mensili del Consiglio cittadino. A ricorrere sono stati due residenti della città, che hanno detto di sentirsi discriminati perché «sono stati quasi sempre i membri del clero cristiano a pregare».
In realtà dal 1999 al 2007, e poi dal gennaio 2009 al giugno 2010, «ogni incontro si è aperto con un’invocazione orientata in senso cristiano», ha detto l’accusa. Solo nel 2008, dopo che le residenti Susan Galloway e Linda Stephens si erano lamentate, alcune sessioni del Consiglio erano state aperte con le preghiere di un ebreo, di una sacerdotessa Wiccan e del presidente della congregazione Baha’i della città. Si è ricordato anche che i dipendenti a turno scelgono ogni mese un chierico o un laico da invitare, utilizzando una guida locale pubblicata dalle diverse chiese presenti nel territorio. Ma se la guida non ha incluso tutte le confessioni è perché a Greece, che conta poco meno di 100 mila abitanti, quasi tutti sono cristiani. Le stesse Galloway e Stephens hanno testimoniato di non conoscere luoghi di culto di altro tipo presenti nella zona.
ATTENTATO ALLE RADICI. L’amministrazione comunale, difesa dalla “Alliance Defending Freedom”, organizzazione cristiana no profit dell’Arizona, ha poi ricordato che anche i padri costituenti avevano pregato durante la stesura della Carta dei diritti: «Gli americani oggi dovrebbero essere liberi di pregare come i fondatori». Il primo emendamento fu infatti approvato dai fondatori per proteggere la Chiesa dalle intrusioni dello Stato, ma negli anni Sessanta la Corte Suprema si espresse a favore dell’interpretazione secondo la quale lo Stato deve essere neutrale rispetto alla religione. Per questo a scuola e nelle istituzioni pubbliche la possibilità di parlare di ciò in cui si crede non è più così scontata. E se la Corte Suprema darà ragione ai ricorrenti, la discriminazione religiosa, prima frutto di un ambiguità interpretativa, diverrebbe obbligatoria. Un duro colpo per un popolo che da più di duecento anni invoca in ogni occasione, pubblicamente, la benedizione di Dio.
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