Addio Miss America, ora c’è Miss maglietta impegnata

Di Caterina Giojelli
07 Giugno 2018
Non più bikini ma cultura, non più strabelle ma belle dentro, non più una sfilata bensì una competizione. Non è tutto sorprendentemente degno del peggior Weinstein?
epa03533046 A handout photo provided by the Las Vegas News Bureau, shows Miss New York Mallory Hytes Hagan reacting to being crowned Miss America 2013 at Planet Hollywood Resort and Casino in Las Vegas, Nevada, USA, 12 January 2013. MANDATORY CREDIT: LVNB/ BRIAN JONES via european pressphoto agency HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

Ecco cosa succede a cospargersi il capo di patchouli dopo una vita a spandere fascino e odor di Chanel. Gretchen Carlson, 52 anni, una volta miss America e ora boss del concorso – una di quelle donne che ogni tanto Dio manda sulla terra scolpite da Fidia in persona –, ha deciso che «da quest’anno niente più passerelle in bikini. Miss America non sarà più eletta in base all’aspetto fisico». Invece della passerella in costume da bagno, alle partecipanti nell’era del #metoo (ora del #byebyebikini: sì, il concorso ha già diramato su Twitter la gif di un due pezzi vaporizzato) sarà chiesto di dimostrare a colloquio con i giudici i loro interessi, la loro cultura e la loro comprensione del ruolo di miss America. Non più una «sfilata» bensì una «competizione». Non è tutto sorprendentemente degno del peggior Weinstein?

IL CORPO DEL REATO. Se essere strabelle è diventato un crimine che toglie a molte, altrimenti nessuno si sarebbe sognato di ricattarle obbligandole al riscatto democratico della «bellezza interiore», non stiamo forse assistendo a un’oggettivazione ancora più subdola della donna, a un discrimine fondato sull’essere degne di quella che per Carlson è già diventata una «rivoluzione culturale»? Ma che è, un test Invalsi o un concorso di bellezza?

LA CAPRA ESPIATORIA. A costo di peccare di blasfemia, la donna mozzafiato pare diventata come quel capro espiatorio di René Girard, che si innesca come un transfert quando su un singolo si scarica il rancore collettivo: e che deve fare la donna mozzafiato per placare la conflittualità sociale se non sacrificarsi, e cioè impegnarsi nella causa collettiva? E questa non è una forma di coercizione preoccupante quanto una manata sul lato B?

E LA PACE NEL MONDO? Oggi i social del concorso sembrano pagine di promozione Erasmus e Gretchen Carlson, l’ex miss tornata alla ribalta nel 2016 per aver denunciato il potente ceo di Fox News Roger Ailes per molestie sessuali (costretto alle dimissioni e a un risarcimento), è stata piazzata al vertice del board di Miss America subito dopo lo scandalo delle mail sessiste scritte dagli organizzatori sulle partecipanti al concorso: in 49 reginette avevano allora firmato una lettera pubblicata dall’HuffPost (il primo a far deflagrare il caso) per «denunciare molestie, bullismo e il mettere alla berlina, specialmente le donne, attraverso l’uso di termini dispregiativi tesi a denigrare e umiliare». Ma quelle che sognano coi lucciconi agli occhi la pace nel mondo che c’entrano?

LA MOSSA DELLA SUOCERA. Qualcuno dovrebbe fondare un movimento per liberare le belle donne dalle donne impegnate, pensi, cercando un conforto nel repertorio di chi immagina ora la Contessa Pia Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare di turno invocare sul palco di Miss America accordi bilaterali in materia di investimenti e la risoluzione diplomatica della guerra in Siria, la Clinton avanti nei sondaggi del concorso e la fascia Miss LinkedIn, poi vedi che tutto questo chiassoso proclamare la rottamazione del costume da bagno al grido di «giudichiamo le Miss come persone», è stato scientificamente corredato dalle gallery di Carlson e amiche in piena giovinezza, tutte gambe oliate, bikini e coroncine. Marcello Marchesi lo diceva: nessuna nuora, buona nuora, e Quel mostro di suocera è un film che abbiamo già visto.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.