Per adesso, loro hanno (ri)perso

Di Tempi
07 Luglio 1999
editoriale

C’è una certa euforia nell’aria. La Dc ci ha messo cinquant’anni a invecchiare. La sinistra al governo meno di tre. Andreotti a ottant’anni è arzillo come un lupacchiotto. D’Alema sembra già matusalemme dopo soli sei mesi di governo (a proposito di sofferenza: un fraterno saluto a Bettino, da chi ha cominciato a essere craxiano dopo il ’93). È imbarazzante parlare si sé e dire che questa formica di Tempi, incazzata nel suo piccolo, aveva previsto tutto ciò. Ma piace dirlo perché non è presunzione. Né si nutre della spocchia di questi snob che disprezzano gli avversari, come quell’illustrissimo senatore diessino che ha detto: “Chi è questo, come si chiama? Guazzaloca, ah, poverino, è andato al lavoro che aveva 15 anni, come mi dispiace!?”. La sinistra stia in pace, torni a dialogare con Bertinotti e si goda la sua coppia di neodeputati incassati nelle politiche supplettive di domenica scorsa. Il Paese, dopo le europee, è altrove. Merito di Mediaset? E se anche fosse (e così non è, giacché dietro al Costanzo c’è una lunga teoria di bella gente che ciuccia di qua e tifa di là) si chiedano, coloro che hanno in mente di sigillare gli studi di Cologno Monzese, cosa ce lo fanno pagare a fare il cannone Rai se poi la fuffa di Lino Banfi&family non riesce nemmeno a convincerci che Quercia&Asinello è bello? Il Berlusca sarà pure uno che studia solo i sondaggi e a scuola copiava i compiti altrui, ma almeno un po’ dell’aria di noi media e povera gente lui ce l’ha, e non è come questi primi della classe e professorini snob che la sanno lunga sul mondo e lottagovernano con Repubblica, si paludano con Corrierone e sono così tremendamente deprimenti e vecchi e appiccicosi che nemmeno più i loro Viagra intellettuali, le loro tette e culi in copertina all’Espresso riescono a darci la suggestione di essere, o di essere mai stati, trasgressivi e progressisti e felicemente in. Il massimo per la sinistra in questi anni è stato il “Giustizialismo”. E cosa ne è venuto fuori da un decennio di arrapati eroi, hooligans delle manette facili, mozzaorecchi togati? Ma sì, fammi godere: “Trasparenza”, “Legalità”, “Stato”. E poi: con la banale scusa di tutte le loro prediche sull’uguaglianza e sull’onestà hanno continuato a sfilarci il portafogli, a imporci che i figli devono andare solo ed esclusivamente alla scuola di Stato e che nossignori, non va bene che la Lombardia abbia un sistema sanitario pubblico che consenta ai poveri di curarsi negli ospedali dei ricchi: no, il loro risentimento per la vita è tale che preferiscono che i ricchi si curino in quelli dei poveri, perché questa è giustizia: il grigiore e, finalmente, la stupidità. Certo: è per il Bene dell’Umanità che fu creato lo Stato Etico, uno Stato che finanzierebbe “le famiglie povere”, quelle sotto i 18 milioni di reddito, quando sa perfettamente che la fascia di povertà oggi interessa le classi medie perché sotto i 18 milioni non sono famiglie povere – e chiaramente questa è solo una tragica iperbole – sono evasori fiscali. Ma freniamo. Non facciamoci prendere troppo dall’euforia di queste splendide e, forse, irripetibili giornate di fine secolo: il potere reale – che noi rispettiamo, anche se non approviamo e che vorremmo convertire alle ragioni di una solida commedia umana in cui sul breve palcoscenico della vita, garantita una ragionevole protezione per i più deboli, tutti possano liberamente competere e affermare quello che sono e quello che sono capaci di fare – è ancora saldamente nelle mani del pensiero debole ma fortemente statalista e ideologizzato degli apparti sindacali, intellettuali e persino (la Fiat a Torino docet da un secolo) confindustriali. Ma oggi godiamoci questa bell’aria frizzante di un popolo (non era un tempo il Pci operaio, e non gli elettori dei partiti moderati, che andavano a votare sempre e non erano influenzati dai flussi astensionistici?) che ha rialzato la testa. Domani non si sa cosa accadrà, ma per adesso loro hanno riperso. Altra notizia del doppio turno europeo: la Lega chiude le trasmissioni, la sua rappresentanza parlamentare è puramente virtuale. Anche questo era stato previsto da chi vive tra il popolo e da chi è stato (come qualcuno di noi) tra gli elettori leghisti. Solo l’affetto per il capo mattacchione (e doppiogiochista) ha fatto ingoiare alla base leghista quel gigantesco rospo di andare e andarsene dal governo per imboccare la strada balorda e sterile di ribaltoni e (apparentemente) gratuiti attacchi all’ex alleato “berluscone” e una linea politica esagerata in tutto, fuorché nell’uso della ragione: dopo tutto Bossi ha preso una sbornia e si è risveglaito solo lunedì 18 giugno scoprendo che in cinque anni ha dissipato il lavoro di venti. La Lega era nata sulle spalle di un popolo che voleva libertà da Roma. E invece Roma è stata la sua Saigon. Un’ultima considerazione che questo giornale ha sempre inseguito fin dal suo primo numero: anche la politica è un’opera. Ma è finita l’epoca dei collateralismi e dei più o meno divertiti giochi di sponda. Finalmente bisogna ricominciare a dare a Cesare quel che è di Cesare, ben sapendo che tutto appartiene a Dio. E questa è la libertà che ci si prende stando da una parte e senza pretendere che tutti i cattolici (o tutti i liberali o tutti i socialisti) stiano dalla tua. E però ci sembra ragionevole ammettere che se ci sono poche cose su cui è neccessario dare battaglia perché noi e i nostri figli vivano in un mondo libero (cioé un mondo in cui tendenzialmente si realizzino condizioni favorevoli allo sviluppo delle possibilità umane) e queste poche cose sono la libertà di educazione, di impresa e di cura per tutti, al dunque politico che decide concretamente di tutto ciò, non si può sorvolare sul fatto che un partito sia favorevole o sia contro questa e queste libertà. Lo ripetiamo con Vasillij Grossmann che fu all’inizio ed è nelle viscere di questo giornale, e che come quel suo personaggio di Tutto scorre era passato dalla giovinezza alla vecchiaia conoscendo quasi soltanto l’umilizione del potere e le catene del lager: “Un tempo pensavo che la libertà fosse la libertà di parola, di stampa, d’opinione. Ma la libertà è tutta la vita di tutta la gente; ecco cos’è: è il diritto di seminare quel che vuoi, di fare scarpe, soprabiti, di cuocere il grano che hai seminato, per venderlo o non venderlo, come vuoi tu; e anche se fai il meccanico o il fonditore, o l’artista, vivi e lavora come vuoi tu, e non come ti ordinano”. TEMPI

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.