
ADOZIONE E’ PROCREAZIONE
Una sera della settimana scorsa ho incontrato una persona che, insieme a sua moglie, dopo aver constatato l’inutilità di qualunque tentativo di fecondazione artificiale omologa, ha adottato tre bambini. A questo proposito mi raccontava come fosse infinitamente più umano il percorso per giungere all’adozione di questi bambini provenienti dal Terzo Mondo, che neanche la lunga trafila di interventi medici atti a superare i limiti imposti dalla natura. Mi diceva inoltre come, in tutta questa vicenda, lui e sua moglie avessero imparato a percepire il limite imposto dai fatti non come una menomazione, ma come un suggerimento, un’ipotesi di lavoro.
Non era stato facile: all’inizio sembrava un dolore insormontabile, ma poi l’accettazione era divenuta amore vero e gratuito: prima nell’attesa e poi nell’esperienza di un legame profondo con i figli adottati. Non si può certo generalizzare e nessuno può imporre a qualcuno di non cercare con mezzi leciti di superare la sterilità. Tuttavia bisogna notare che nessuno in questo dibattito referendario parla mai di esperienze di adozione e affido. Sembra che nell’affermazione del diritto ad ogni costo ad avere un figlio proprio si dimentichi che c’è un modo di amare, di essere padri e madri che è esempio, testimonianza positiva, al di là del fatto che venga espresso con figli naturali. Ciò che rende padri e madri è un giudizio d’amore che può esprimersi nell’offerta di un destino migliore a chi non l’avrebbe o nell’assunzione delle difficoltà di chi proviene da famiglie difficili o in condizioni di povertà. Non si può negare che questa è una possibilità per rispondere al sacrosanto diritto alla maternità e alla paternità e, laddove è gratuito, diventa inevitabile modello anche per chi, avendo figli naturali, deve vincere la tentazione a considerarli ‘cosa propria’, per giungere a quell’amore gratuito al destino unico fattore di vera civiltà.
Quanto sta accadendo oggi nel dibattito in corso sulla legge 40, è un esempio dell’imbarbarimento che avviene quando in una società l’unico problema è definire diritti e doveri per legge senza capire che la via al progresso è innanzitutto l’imitazione di testimonianze virtuose che, senza censurare il dolore, la morte, la malattia, le guardano in una prospettiva di vita positiva. Da questi esempi e da questi fatti si capisce come non bisogna aspettare la fine dei tempi per vedere cosa è bene per l’uomo: basta non accontentarsi dei codici civili e non perdere tempo con certe pseudo-lezioni clericali per accettare il linguaggio del cuore che fa commuovere davanti al vero.
*Presidente Fondazione Sussidiarietà
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