Più che in battaglia, la disfatta è maturata nelle menti degli americani, «oppressi da un senso di colpa che non hanno modo di redimere». Intervista a Joshua Mitchell
Un afghano mostra una bandiera degli Stati Uniti trovata a Kandahar tra i rifiuti lasciati dagli americani durante il loro ritiro
La débacle americana in Afghanistan è solo l’ultimo sintomo di qualcosa di più grave che scuote dalle fondamenta la più grande potenza del mondo. Prima della disastrosa evacuazione architettata da Joe Biden, c’è stato l’irrompere della “cancel culture”, le statue abbattute e i romanzi censurati, la teoria critica della razza avanzata da Black Lives Matter, per non parlare del clamoroso assalto a Capitol Hill del 6 gennaio. Che l’America, come tutto l’Occidente, sia in crisi non c’è dubbio. Ma se tanti puntano il dito contro Donald Trump e i populismi, c’è chi è in grado di guardare più lontano per ricercare le vere cause di una lacerazione profonda che è sotto gli occhi di tutti. Joshua Mitchell, docente di Governo alla Georgetown University e membro del think tank conservatore Claremont Institute, è uno di questi. Studioso di Alexis de Tocqueville, non ha dubbi sulle cause dei mali occidentali: «La crisi non è di natura politica, ma spirituale», dice a Tempi.
Che cosa c’entra la relig...