«Sì ai combustibili fossili». L’Africa contro l’ipocrisia energetica

Alla Cop 28 di novembre l'Unione Africana dirà basta al doppio standard con cui i paesi occidentali obbligano quelli poveri a non usare modelli inquinanti per svilupparsi ma vogliono il loro gas

Sciopero per il clima a Città del Capo, in Sudafrica, lo scorso 25 marzo (foto Ansa)

Il Guardian e le Ong ambientaliste a cui il giornale londinese chiede commenti sulla notizia si stracciano le vesti, ma di nient’altro si tratta che della chiusura inevitabile del cerchio: alla Cop 28 che si terrà a metà novembre a Sharm el Sheik l’Unione Africana, in rappresentanza di 55 paesi del continente, sosterrà la posizione che in Africa «Nel breve e medio termine i combustibili fossili, soprattutto il gas naturale, dovranno giocare un ruolo cruciale nell’espansione del moderno accesso all’energia in aggiunta all’accelerazione nell’adozione di energie rinnovabili».

Obiettivi climatici e sviluppo dell’Africa

Così sta scritto in un documento, di cui il Guardian è venuto in possesso, composto di 5 pagine e di altre 25 di annessi tecnici, elaborato in occasione della seconda sessione straordinaria del Comitato tecnico specializzato del Comitato su trasporti, infrastrutture transcontinentali e interregionali ed energia che si è svolto in videocollegamento fra il 14 e il 16 giugno scorsi e ha visto la partecipazione di molti ministri dell’Energia africani. Per il quotidiano filo-laburista si tratta di una cattiva notizia: «Attivisti ambientali in tutta l’Africa temono che lo sfruttamento di gas e petrolio nel continente comprometterebbero il raggiungimento degli obiettivi climatici globali, impedirebbero lo sviluppo delle energie rinnovabili e arricchirebbero le multinazionali, gli investitori e la élite».

A riprova di ciò dà la parola a vari attivisti ambientali africani, fra essi Lorraine Chiponda, coordinatrice di Africa Coal Network: «La prospettiva che i leader africani stanno presentando e favorendo per lo sfruttamento del gas e investimenti in tale settore è sconsiderata, a motivo dell’impatto climatico che minaccia milioni di persone persone in Africa, le quali hanno già sperimentato un peggioramento in termini di siccità e fame, ricorrenti inondazioni e cicloni. L’accelerazione dei progetti relativi al gas è un’altra avventura colonialista e rappresenta una spartizione dell’Africa tra le multinazionali dell’energia e i paesi ricchi. I progetti fondati sui combustibili fossili non hanno né risolto la scarsità di energia in Africa, dove vivono ancora 600 milioni di persone in condizioni di povertà energetica, né portato alcuna giustizia socio-economica».

Il ruolo ipocrita dell’Unione Europea

Solo a conclusione del servizio si accenna al ruolo ipocrita e schizofrenico dell’Unione Europea in tutto questo: «La Ue ha indicato che sosterrà la produzione di gas in Africa, a motivo del fatto che cerca urgentemente nuove fonti di gas dopo l’invasione dell’Ucraina». La realtà, infatti, da molti anni è la seguente: ben prima della guerra russo-ucraina, i paesi della Ue acquistano o promuovono lo sfruttamento del gas africano per i loro mercati domestici, nel mentre che scoraggiano investimenti per lo sviluppo di progetti di valorizzazione degli idrocarburi per il mercato locale in nome della necessità a livello globale di sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili a basso tasso di emissioni. Cioè quando si tratta dell’economia europea il riscaldamento globale può attendere, quando si tratta dei bisogni energetici africani invece bisogna essere rigorosi.

Il doppio standard dell’occidente sull’energia in Africa

Scrive Bloomberg, dopo aver dato notizia delle iniziative italiane per l’acquisto di gas algerino, angolano e congolese e di quelle tedesche per l’acquisto di gas senegalese: «Mentre si rallegrano dei milioni di dollari che verosimilmente gli accordi sul gas porteranno ai loro paesi, i leader africani denunciano l’improvviso interesse per le loro risorse come un caso di doppio standard che perpetua lo sfruttamento occidentale della regione. Si chiedono perché l’Africa debba allontanarsi dai combustibili climalteranti, col risultato di ritardare l’accesso all’elettricità di centinaia di milioni di persone, mentre il suo gas viene utilizzato per mantenere le luci accese in Europa».

«I paesi ricchi sono stati riluttanti a finanziare gasdotti e centrali elettriche che faciliterebbero l’uso del gas in Africa a causa delle sue emissioni, ma non hanno mantenuto le promesse per aiutare a finanziare progetti “verdi” che potrebbero essere una fonte alternativa di energia. La posizione imbarazzante dell’Europa è apparsa evidente al vertice dei leader del G7 nel giugno scorso. Le economie più avanzate del mondo hanno rilanciato il loro impegno a fermare i finanziamenti per i progetti di combustibili fossili all’estero a vantaggio del clima, ma hanno indicato che probabilmente si applicheranno eccezioni ai progetti che consentirebbero più spedizioni di Gpl nei loro paesi».

I costi eccessivi della lotta ai cambiamenti climatici

Dello stesso tono l’intervento di Foreign Policy, per la penna della sudafricana Nosmot Gbadamosi: «Mentre l’Europa si affretta a rifornirsi di energia, gli osservatori e gli stessi africani denunciano quella che vedono come un’ipocrisia energetica, considerando che la maggior parte dei paesi africani vive in condizioni di costante carenza di energia ed è gravemente colpita dai cambiamenti climatici. I governi africani hanno cercato di sviluppare nuovi progetti da combustibili fossili per soddisfare le esigenze locali, ma i governi occidentali hanno chiesto che i finanziatori multilaterali come la Banca Mondiale smettano di finanziare quei progetti per ridurre le emissioni globali di anidride carbonica».

«”I nostri paesi non possono realizzare una transizione energetica e abbandonare i modelli inquinanti dei paesi industrializzati senza un’alternativa praticabile, onesta ed equa”, ha affermato il presidente senegalese Macky Sall in un discorso provocatorio alla riunione dello scorso anno dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. “L’interruzione dei finanziamenti per il settore del gas… sarebbe un grosso ostacolo”».

«Un rapporto pubblicato la scorsa settimana», prosegue Foreign Policy, «suggerisce che alcuni paesi africani dovranno tagliare la spesa pubblica in vari settori per far fronte ai costi di adattamento al riscaldamento globale, con costi superiori alla loro attuale spesa per l’assistenza sanitaria. L’intero continente è responsabile solo del 3 per cento delle emissioni globali di CO2. L’europeo medio consuma sei volte più elettricità del consumatore medio africano. Il vicepresidente nigeriano Yemi Osinbajo in un recente intervento sull’Economist ha richiamato l’Europa per la sua insistenza sulla necessità che le nazioni più povere congelino le loro emissioni di anidride carbonica, “sulla base di un’ingenua credenza nei salti di qualità, cioè nella convinzione che, come nel caso del salto dei telefoni fissi a favore di quelli cellulari, l’Africa possa saltare direttamente alle nuove tecnologie energetiche”. I leader africani affermano che quelle richieste equivalgono al desiderio di mantenere povero il continente».

Le colpe dei paesi africani

Sia Bloomberg che Foreign Policy non omettono di ricordare che molta responsabilità dell’arretratezza nello sfruttamento delle fonti energetiche africane per il consumo locale risiede nelle politiche dei governi africani piuttosto che in quelle dei paesi europei. La Nigeria è il primo produttore africano di petrolio e il detentore delle più grandi riserve di gas, ma ben 85 milioni dei suoi abitanti (quasi la metà di tutta la popolazione) non hanno accesso alla rete elettrica.

Ancora più drammatica la situazione della Repubblica Democratica del Congo, paese di grandissime risorse naturali dove appena il 19 per cento della popolazione è collegato alla rete elettrica. La cattiva gestione e la mancanza di manutenzione delle infrastrutture esistenti, i finanziamenti dirottati su altri capitoli di bilancio e un alto tasso di corruzione hanno finora determinato una drammatica inefficienza nel settore dell’energia in Africa.

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