
All’autonomia differenziata, da tempo, non ci crede più nessuno

La Corte Costituzionale, con la sua dichiarazione sull’incostituzionalità parziale della legge sull’autonomia, potrebbe dare a tutti una mano.
Al governo, visto che due forze su tre della maggioranza non sono particolarmente convinte del testo approvato dal Parlamento, e anche all’opposizione, dove Pd e 5 Stelle correrebbero il rischio di fronteggiare un referendum abrogativo che dovrebbe fare il quorum e potrebbe non essere semplice mobilitare il 50 per cento degli aventi diritto.
Un ennesimo fallimento all’eventuale referendum sarebbe l’ennesima sconfitta alle urne dell’opposizione, un’altra tegola sul consenso della sinistra.
Non è a costo zero
La verità, però, è che nella riforma dell’autonomia sembra non crederci più di tanto nessuno, a partire dalla maggioranza.
Da Fratelli d’Italia e Forza Italia sono più volte arrivati richiami all’equità e messaggi volti ad evitare che la riforma venga percepita come una sperequazione a danno delle regioni più deboli nell’economia e nei servizi pubblici. Già l’inserimento dei Lep segnala una volontà abbastanza precisa del governo di circostanziare l’idea di federalismo. L’idea di livelli minimi essenziali di prestazione sono il sintomo di un sistema che in cambio dell’autonomia su alcune materie per alcune regioni determina maggiori risorse per altre al fine di cercare di allineare tutti agli stessi livelli.
La riforma non è dunque a costo zero, ma aggrava potenzialmente il bilancio statale che riceverebbe meno dalle regioni del nord e dovrebbe dare di più a quelle del sud.

Tutti i partiti sono centralisti
Ma anche la stessa Lega non sembra crederci né investirci più di tanto in questa riforma. La si manda avanti perché era nel programma e perché serve da contrappeso istituzionale alla riforma del premierato proposta da Fratelli d’Italia, ma da tempo la Lega è un partito di destra nazionalista e non più il partito del nord e del federalismo.
Che Calderoli ricorra all’escamotage di anticipare la riforma soltanto sulle poche materie escluse dai Lep è già un indizio che per attuare la riforma nella sua integrità non ci sono le risorse.
Ecco allora che la bocciatura della Corte potrebbe fare un favore anche al governo. Ripensare la riforma e migliorarla oppure direttamente concludere con un nulla di fatto o quasi. È un compromesso già al ribasso e la Corte potrebbe mettere ulteriori paletti a detrimento della devoluzione di competenze. Ma d’altronde in questa fase tutti i partiti sono centralisti, dunque cosa ci si poteva aspettare di diverso?
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