Alternativi
Gli organizzatori del Controfestival di Mantova l’hanno voluta buttare in politica e ancora una volta hanno testimoniato la loro subalternità allo stato di cose presenti. Ok, utilizzare un “frasario” marxista anche in questa occasione potrà sembrare azzardato, del tutto fuori luogo, ma proviamo ad andare con ordine e seguire l’onda che ha spinto il buon Nando Dalla Chiesa a cimentarsi in questa impresa. Il potere (centrodestra) propone una versione rinnovata di un appuntamento annuale, il Festival appunto. Il direttore artistico, Tony Renis, orrore orrore, è un amico del premier. Queste due condizioni sono già sufficienti per bollare l’evento come “espressione destrorsa del nostro paese”. Come in politica, la cultura d’opposizione esige uno scatto d’orgoglio. L’idea delle idee, estratta dal cilindro magico, ovviamente non può prescindere dall’input tanto in voga: «Si faccia qualcosa contro!». Mantova diviene il palcoscenico per questa opportunità. Risultati? Certo, il Festival tradizionale non ha ottenuto grande successo, ma tutti ne hanno parlato, tutti lo hanno criticato e tutti i mass media si sono interessati all’evento. Ci permettiamo di dire che, nonostante tutto, Sanremo è rimasto sulla cresta dell’onda. Traducendo queste considerazioni in “fatti politici”, potremmo dire che il centrodestra non ha fatto fuochi d’artificio, ma ha proposto la sua versione delle cose, ha trovato (o si è creato) parecchie difficoltà ma ha retto all’urto dell’indifferenza. E il Controfestival? Certo, ne hanno parlato L’Unità, Liberazione e Il Manifesto ma essendo una manifestazione “contro” non poteva che rimanere rinchiuso nell’alveo dei “resistenti”. Morale per l’opposizione? Se si vuole battere una politica non si può continuare a tastare la stessa strada dell’avversario, è perfettamente inutile proporre una versione con tonalità differenti, ma rinchiusa nella stessa piattaforma. Volete vincere? Bene, proponete un’alternativa, fosse anche “Il Grande Fratello”, l’unico che nella realtà ha sconfitto Sanremo.
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