Alzano muri contro la poligamia, poi di notte li buttano giù
Non c’è bisogno di mobilitare un sindacalista: anche un bambino sa che per ottenere una caramella dalla mamma è conveniente chiederne tre. L’Ucoii (Unione delle comunità islamiche in Italia) usa con maestria questa semplice tecnica rivendicativa. Si è distinta per aver prodotto un indecente manifesto in cui paragonava Israele al nazismo e invece di essere sanzionata è stata coinvolta nella redazione di una carta dei valori per la convivenza multiculturale di cui è divenuta una protagonista. Un gioco analogo è stato messo in atto per quanto riguarda la tematica della poligamia. Patrizia Khadija Dal Monte, dirigente del dipartimento Pari opportunità dell’Ucoii, ha difeso la poligamia affermando che trattasi di «una risposta possibile». Apriti cielo. Non soltanto dall’opposizione ma anche dal governo si sono levate voci sdegnate. Il ministro per le Pari opportunità Barbara Pollastrini ha avvertito: «Non scherziamo, no secco alla poligamia». E gli onorevoli Marco Boato e Valdo Spini, presentatori della legge sul riconoscimento delle confessioni religiose, hanno confermato che sulla via della poligamia si erge un solido muro.
Davanti a una simile inflessibile risposta l’Ucoii ha ripiegato. Pur ribadendo che la poligamia non è uno scandalo, è soltanto una «pratica» che deriva da un fatto di coscienza religiosa e come tale va rispettata, ha modestamente osservato di non aver mai chiesto allo Stato italiano il riconoscimento della poligamia: la legge Boato-Spini sulla libertà religiosa ci va benissimo così, è stato detto. E chi può dubitare che non siano soddisfatti? Intanto, hanno incassato l’ennesimo riconoscimento ufficiale, dato che l’associazione è stata convocata in audizione dalla Commissione Affari costituzionali (ormai la Consulta islamica è diventata un organo dell’Ucoii). E poi il solido muro elevato contro la poligamia è poco meno che un colabrodo. Difatti, l’articolo 11 della legge Boato-Spini prevede la possibilità di non leggere gli articoli del codice civile italiano durante il matrimonio condotto secondo il rito islamico. Gli autori della legge possono inveire quanto vogliono contro chi considera gravissima questa omissione, ricordando che comunque la poligamia è vietata dalla legge italiana. Resta il fatto che questa omissione di lettura costituisce una concessione scandalosa e ingiustificabile. Perché mai consentire di non leggere gli articoli del codice relativi agli obblighi dei coniugi se non per lasciar la porta aperta alla possibilità di dire: «Nel momento del matrimonio non ho mai sottoscritto alcun impegno se non quelli previsti dalla mia fede religiosa»? Se davvero tutto è così chiaro, si cassi l’articolo 11 e non resterà più la minima ombra.
Ma non basta. Perché ora sembra che la maggioranza si orienti verso l’adozione del modello padovano dei Pacs come forme di convivenza definite esclusivamente da un rapporto di carattere affettivo. Si tratta ovviamente di una definizione talmente vaga da risultare ridicola e impraticabile; ma, proprio per la sua genericità, essa include forme di convivenza come il matrimonio poligamico. Ecco che si apre così un’altra breccia nel muro dei “non se ne parla della poligamia”. Senza dire che, dietro questo berciare, si avanza la realtà concreta di una poligamia effettivamente praticata e da nessuno sanzionata. A questo punto, il dilemma è se siamo governati da sprovveduti o da dhimmi.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!