L’amarissima desolazione umana di “The perfect couple”

Di Annalisa Teggi
22 Settembre 2024
La pompatissima miniserie Netflix con Nicole Kidman rispetta la migliore tradizione del giallo ma è un tremendo affresco sul futuro già presente di una femminilità auto-liberatasi da ogni legame fecondo con il maschile. Neppure la scoperta del colpevole consola
The perfect couple

Sull’isola di Nantucket, proprio lì dove s’imbarcò l’Ismaele di Melville per partecipare alla caccia di Moby Dick, abita una famiglia ricchissima in una dimora di lusso. Un omicidio manda a monte una cerimonia nuziale elegante e sfarzosa, coronamento di un amore solo apparentemente romantico.

La miniserie Netflix The perfect couple rispetta la tradizione migliore del giallo e ambienta un delitto nella scena ristretta di una grande casa con molti personaggi uniti da legami parentali e segreti sordidi. Lo spazio domestico e i rapporti stretti sono reagenti perfetti per innescare l’istinto da investigatore che c’è in ogni spettatore. Raccogliamo indizi e aspettiamo il momento finale in cui poter dire: «È stato il colonnello Mustard nello studio con il candeliere». Di solito il giallo è liberante perché ci fa desiderare il momento in cui il mistero si scioglie.

Peccato che nel caso di questa trama, svelato il colpevole, nessuna brezza di consolazione scenda sulla casa e su chi la abita. Anzi, i cocci rotti in partenza si sbriciolano in una desolazione umana amarissima. (Attenzione, continuando nella lettura dell’articolo potreste imbattervi in qualche spoiler della trama).

Le regine del cast di “The perfect couple”

In sei puntate il mistero del delitto viene risolto, ma resta in libertà il mostro di una gigante balena bianca capace di fare altre vittime. È una creatura bellissima e piena di forza, naviga da sola e incute terrore. Non vuole strane desinenze o asterischi, è indiscutibilmente donna. Ha l’eleganza algida di Nicole Kidman, è uno scorpione travestito da principessa con il sorriso di Dakota Fanning.

Sono loro le regine del cast di The perfect couple, nonché colonne portanti della trama. Sono bellissime, micidiali e fredde. Si potrebbe dire che sono fatali, forzando la parola a contenere anche l’accezione di «fata». Non sono streghe brutte e cattive, sono fate incantevoli e letali. Il male può essere – esteticamente – bello, è un dato che esige una flessibilità mentale a cui non siamo abituati.

Nonostante i potenti mezzi mediatici, la nostra capacità immaginativa si è rattrappita. Ebbe modo di notarlo C. S. Lewis nei suoi saggi su Medioevo e Rinascimento, citando l’amico Tolkien e indicando un’ipotesi suggestiva: «Il Professor Tolkien fece notare che l’idea di una fata bellissima e cattiva è completamente scomparsa dalla nostra immaginazione moderna. Forse nel nostro mondo industriale la bellezza è diventata così rara e il male così palesemente brutto che non riusciamo più ad associare il male alla bellezza. Per i poeti antichi non era così. Erano capacissimi di credere che una cosa potesse essere tanto bella da spezzare il cuore, eppure malvagia».

La coppia fittizia di marito e moglie

Crediamolo dunque. Kidman e Fanning sono eccellenti nel ruolo di signore splendide e spietate, regine di un reame incantevole e sterile, dominatrici in una magnifica casa in rovina. La coppia sono loro, non quella fittizia di marito e moglie a cui allude la superficie la trama. Sono una accanto all’altra, ognuna con la presa salda sul proprio timone, senza un accenno di alleanza e affetto. Le fate malvagie non fanno squadra, è un affresco onesto sul futuro già presente di una femminilità auto-liberatasi da ogni legame fecondo con il maschile, convinta a denti stretti che la realizzazione esiga la prima persona singolare. Abbracci di facciata inclusi.

Nicole Kidman è magistrale nel mostrarci che non c’è democrazia quando comanda una donna performante, consapevolmente solitaria, votata all’eccellenza e al controllo. Tutto è suo. Tutto è delle donne in questa trama: sono vittime, assassine e investigatrici. Sono madri, amanti, fidanzate deluse o cacciatrici. Sono padrone di casa, ospiti e domestiche. Sono tutto. La escort di lusso è diventata una scrittrice di successo che apre la porta di casa alla malata terminale con le pillole per l’eutanasia nella pochette. In questo tremendo ritratto plurale, la donna decide ogni sillaba della sua storia, nella carriera come nel fine vita governa dispoticamente il suo destino. Decide anche di restare incerta sull’amore.

Il ronzio maschile che fa da contorno

Resta un ronzio maschile che fa da contorno. Compaiono padri, mariti, fidanzati, figli. Brancolano. Tradiscono, si drogano, sono ludopatici, mentono, scappano, scopano qua e là, sono malinconici. Chi tra loro ha una scintilla di amore vero viene deluso e molla subito la presa. Sembrano tutti assoldati per infastidire le donne, senza neanche un ruggito per prendersi il ruolo dell’assassino. Non servono neppure a fare i cattivi, sono solo detestabili, inefficienti, maldestri e scoraggiati. Le presenze maschili sono una zavorra di inettitudine, impulsività sfrenata e debolezza mentale che appesantisce l’agenda degli obiettivi femminili, encomiabili o nefasti che siano.

La morale lucidissima di questa tragedia esce dal pulpito dell’altra valchiria della storia, Dakota Fanning: «Gli uomini sono degli stronzi. Non puoi fidarti che non ti tradiscano o che non mentano. Non puoi fidarti che svolgano bene il loro compito. Capisci? È proprio vero: ‘Se vuoi una cosa fatta bene, devi farlo da sola’. Di sicuro l’ha detto una donna».

Stiamo attente, care signore. Appuntiamocela come cinica epigrafe tombale di una storia che comincia con un matrimonio che va all’aria, cioè con il naufragio di una fiducia sulle relazioni che richiedono un dono di sé libero e vigoroso nell’incontro tra femminile e maschile. Lasciati alla deriva in oceani separati, l’uomo e la donna si trasformano nei loro incubi peggiori: il marinaio che non salpa per nessuna avventura e l’imperatrice che comanda in una gabbia di sudditi disperati.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.