«Amen and awoman», sulla “verità” casca l’asino democratico

Di Caterina Giojelli
05 Gennaio 2021
Il deputato Emanuel Cleaver s'inventa una versione "gender inclusiva" della preghiera al Congresso.

«Amen and awoman»: invitato a pronunciare la preghiera di apertura del 117esimo Congresso degli Stati Uniti d’America il democratico Emanuel Cleaver ha deciso di dare un suo personalissimo tocco turbogender neutral solenne alle parole dei fedeli: «Possa il Signore innalzare su di noi la luce del suo volto e darci pace. Pace nelle nostre famiglie, pace in questa terra, e oso chiedere, o Signore, pace anche in questo Camera. Lo chiediamo nel nome del dio monoteista, Brahma (sic, ndr), e “dio” conosciuto con molti nomi da molte fedi diverse. Amen and Awoman». 

Una sciarada senza nessunissimo senso pronunciata forse in omaggio al pacchetto di riforme promosso dalla rieletta presidente della Camera Nancy Pelosi, tra le altre l’eliminazione di tutti i pronomi maschili femminili, nonché padre, madre, figlio, figlia, zio, zia, un pacchetto di 45 pagine pieno di «riforme audaci e senza precedenti» in quella che diventerà la Camera «più inclusiva della storia».

LE FAKE NEWS E IL VERBO INCLUSIVO

Ma che c’entra “amen”? Che c’entra men e quindi woman? Assolutamente nulla. Non pochi repubblicani si sono trovati a ricordare a Cleaver, pastore protestante, eletto alla Camera dei Rappresentanti per lo Stato del Missouri, che il termine non ha alcun genere: Guy Reschenthaler ha twittato che “amen” è latino e significa «così sia», mentre “awoman”, specifica il blogger conservatore Matt Walsh, non significa proprio un tubo, se non un modo inventato dai dem per rendere ancora tutto più «stupido e senza senso»; l’ex presidente della Camera, Newt Gingrich, si è limitato a più laconico «la follia radicale è iniziata». Dal Tennesee con Tim Burchett che parla di «politicamente corretto uscito dai binari» alla Florida con Matt Gaetz che chiede sarcastico, «ma il genere non era non-binario? E gli altri 42?», i giornali hanno chiuso la vicenda liquidandola con il classico “scoppia la bufera repubblicana”. Eppure la chiave surreale della vicenda dovrebbe essere un’altra.

I BLABLABLA DEI SOCIAL

È buffo che nel nome dell’inclusività si arrivi a castrare o infiocchettare di lettere e asterischi la parola fino a stravolgerne il significato alla radice. Non esiste più il significato di ciò che viene detto, conta solo che nessuno resti offeso. E non è un caso che a buttare tutto in farsa sia un politico democratico americano, là dove il verbo dell’ipercorrettismo progressista e il cialtronismo populista duellano in seno alle istituzioni rappresentative come nell’impero dei blablabla dei social network. Gli stessi democratici americani che vanno agitando lo spettro delle fake news e fatto dell’idolatria per il fact checking il braccio armato della politica e di ogni battaglia per una civiltà più inclusiva, tollerante, uguale, gender neutra. Buffo che dopo anni di battaglie contro le bugie, le narrazioni tossiche, la disinformazione l’autoproclamato ministero della verità scivoli su una parola, “amen” che in ebraico ha la stessa radice di “verità”. Proprio quella: in verità, appunto, casca l’asino democratico.

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