
Andreotti sul colle
È di pochi giorni fa la notizia che per Andreotti sono stati chiesti 15 anni di carcere per associazione mafiosa. Mia moglie, nell’ascoltare le motivazioni, si è messa a ridere: “E noi che credevamo che Andreotti fosse il capo di tutto e invece era un gregario! È andato lui a baciare Totò Riina e non viceversa. Si sarebbe potuto pensare che l’abbia fatto per interesse personale, gli avessero trovato conti segreti o possedimenti in paradisi fiscali, oppure per interesse di corrente politica, se la sua corrente fosse stata maggioritaria non dico nella Dc italiana ma almeno in quella siciliana, oppure perché comandare è meglio di fottere, ma lui comandava già con una caterva di preferenze prese in Lazio, regione nella quale non risulta comandare la mafia… insomma, casomai gli andrebbero dati 15 anni per imbecillità!”. Ma, tant’è, dato che Andreotti è tutto meno che imbecille, il mistero si infittisce: perché hanno chiesto solo 15 anni? In fondo, se ha fatto ciò di cui lo accusano, perché non l’ergastolo? Meno male che ci ha pensato il pm del processo per l’omicidio Pecorelli a rimediare. Nel frattempo, i nostri politici, allevati per metà alla scuola della doppiezza togliattiana e per metà dell’ambiguità andreottiana e dalle convergenze parallele di Moro, mostrano di aver messo a frutto le lezioni: ora stanno con Andreotti e se lo coccolano al compleanno e ne chiedono l’autorevole parere a ogni pié sospinto, inneggiando però nello stesso tempo alla Procura di Palermo che lo considera un delinquente. Siamo alle solite: un piede di qui e uno di là, riescono a dire tutto e il contrario di tutto. In questo esercizio si distinguono i suoi colleghi democristiani, unici a stare contro la sinistra in Europa e con la sinistra al governo in Italia. Sono tutta una razza, arricchita dalla presenza di quelli (e Andreotti tra loro) che vanno in guerra ma fanno finta di non esserci, alleati sì, ma critici, come per dire: “Te la do, ma vergognati”, incerti a tutto, inaffidabili, vigliacchi fino al midollo. Sarebbe questo il paese in cui il cattolicesimo era religione di Stato? Ma lo sanno che c’è stato un tale che ha detto che il “sì” doveva essere “sì”, e il “no”, “no”? Ma quando mai? La scelta di campo in questo paese è vissuta come un fastidio, queste semplificazioni sono rozze, leggende palestinesi, niente paura, gli italiani sono più furbi anche del Vangelo. Anzi, prevedo una riscrittura. “Sia ‘nì’, ‘nì’, sia ‘sò’, ‘sò’”. Amen.
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