
La sfida titanica dello Stato “minimo” di Milei

Il presidente argentino Javier Milei ha bandito lo scorso 27 febbraio il “linguaggio inclusivo” in tutti gli organi governativi. Da martedì, dunque, tutta l’amministrazione nazionale risparmierà un sacco di carta, riducendo l’impatto su foreste e cellulosa, ma al di là dell’impatto ecologico, secondo il portavoce della presidenza, Manuel Adorni, la decisione è stata presa perché, almeno sinora, «le politiche di genere come questa sono state usate come un business politico».
L’attuale governo argentino intende così avviare «le procedure per abolire il “linguaggio inclusivo” e la prospettiva di genere in tutta la pubblica amministrazione nazionale», ha confermato Adorni in conferenza stampa, chiarendo che la «lingua che copre tutti i settori è lo spagnolo».
Stop al linguaggio inclusivo: «Marxismo culturale»
Sino a martedì gli organismi federali usavano il cosiddetto “linguaggio neutro”. Su tutti l’Istituto nazionale contro la discriminazione, la xenofobia e il razzismo, l’Inadi, di cui Cuneo Libarona ha annunciato la scorsa settimana la chiusura perché «ennesimo esempio di come alcune organizzazioni pubbliche fossero state conquistate dalla militanza (kirchnerista, nda), diventando inefficienti. D’ora in poi lavoreremo contro la discriminazione reale, con impegno e senza inutili sovrastrutture».
Cosa cambia in pratica con le nuove regole? Nello Stato non è più possibile utilizzare la lettera “e”, la chiocciola o la “x” per menzionare il genere. Inoltre, i dipendenti pubblici devono evitare «l’inclusione non necessaria in tutti i documenti della pubblica amministrazione». Oltre a risparmiare carta e tempo in interminabili discussioni, per Milei (lo aveva dichiarato più volte in campagna elettorale) il linguaggio “non binario” farebbe parte dell’indottrinamento del “marxismo culturale”, movimento che ha come obiettivo quello di convertire la società in socialcomunista, basandosi su valori culturali come quelli proposti dall’ideologia woke.
Contro lo Stato, la scuola austriaca di Milei
Snellire il ruolo dello Stato è del resto alla base della scuola austriaca di Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek e Milei, come questi due economisti che sono il suo riferimento insieme a Milton Friedman della scuola di Chicago, vuole uno stato minimo ma efficiente.
Tutto l’opposto della politica economica di Luiz Inácio Lula da Silva, che sta invece cercando implementare la teoria monetaria moderna, la MMT, (acronimo che sta per Modern Monetary Theory) un keynesianesimo spinto in chiave socialcomunista secondo il quale debito e deficit sono strumenti a disposizione dello Stato per raggiungere la massima capacità occupazionale e produttiva, mentre le tasse servono per eliminare gran parte della moneta circolante nel caso di iper-inflazione. Un modello appoggiato da Mariana Mazzucato, economista italo-statunitense, che nel 2020 era stata nominata consigliere economico dall’ex premier Giuseppe Conte e che oggi, oltre a Lula in America Latina è anche consulente del presidente colombiano Gustavo Petro.
«Lo Stato ha tolto tutto e non ha dato nulla agli argentini»
Milei è agli antipodi rispetto a Mazzucato: sul tema il governo argentino ha anche risposto pochi giorni fa a Papa Francesco che aveva dichiarato che «lo Stato è oggi più importante che mai ed è chiamato a svolgere il ruolo centrale della redistribuzione e della giustizia sociale». Per il portavoce di Milei, Adorni, «su alcune frasi di Francesco non siamo d’accordo ed è molto positivo che sia così. Rispettiamo le sue parole ma lui è un leader spirituale e noi governiamo l’Argentina, con problemi ovunque». Aggiungendo poi che «il beato Stato attuale ha tolto tutto e non ha dato nulla agli argentini», con il risultato che qui «oggi è povero il 50 per cento della popolazione».

In realtà, secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio del Debito Sociale dell’Uca, l’Università Cattolica Argentina, a gennaio Buenos Aires ha raggiunto il 57 per cento di poveri e il 15 per cento di indigenti, la cifra più alta degli ultimi 20 anni. A dicembre, quando Milei si è insediato alla Casa Rosada, la povertà era del 50 per cento secondo l’Uca mentre l’Indec, l’equivalente del nostro Istat, pubblicherà i nuovi dati sulla povertà a fine marzo.
Gli elettori vogliono risultati concreti in tempi brevi
È indubbio che con un’inflazione che ha chiuso il 2023 al 211 per cento, la sfida di governabilità di Milei è titanica a causa delle disastrose condizioni ereditate dalla presidenza kirchnerista di Alberto Fernández, ma per mantenere fede al programma che lo aveva portato al trionfo elettorale, il presidente adesso deve portare a casa risultati concreti.
Sul fronte sociale continuano infatti gli scioperi, due giorni fa quello degli aeroportuali ha bloccato i voli nel paese del tango, ma soprattutto ha fatto scalpore un documento di 20 pagine di Analogies, società di consulenza cui fa riferimento l’ex presidente Cristina Kirchner, Secondo i dati di Analogies, che ha sentito 2.495 persone tra il 20 ed il 23 febbraio scorso, «l’immagine del presidente, che a gennaio presentava un differenziale positivo di 5 punti, ha ridotto tale indicatore a meno di mezzo punto percentuale». Il margine di errore dell’inchiesta demoscopica è del 2 per cento, ma la tendenza è chiara: gli argentini vogliono risultati in tempi brevi dal governo Milei.
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