Asili, se l’odio ideologico è comunale

Di Giorgio Vittadini
20 Febbraio 2003
In una città della riviera adriatica, gli asili nido comunali non riescono a soddisfare il bisogno

In una città della riviera adriatica, gli asili nido comunali non riescono a soddisfare il bisogno. C’è altresì una realtà, privata non speculativa, libera, specializzata nella gestione di asili nido. È nata da un gruppo di ragazze che dovevano lavorare, e lo hanno fatto, nel campo a loro più confacente: l’educazione dei bambini. Si sono così recate dall’assessore comunale competente e gli hanno offerto la loro collaborazione. L’assessore ha risposto che era a conoscenza delle eccellenti prestazioni della loro cooperativa, ma che non avrebbe mai instaurato rapporti di convenzione con loro. Gli assessori dell’estrema sinistra in giunta non lo potrebbero tollerare in quanto ideologicamente contrari a ciò in cui credono le ragazze. È solo un esempio tra i molti che si potrebbero citare. Discriminazioni ideologiche, odiose, insultanti la dignità della persona, non solo sono tollerate, ma diventano linee di comportamento di cosiddetti “partiti democratici”, movimenti di piazza, correnti della magistratura, intellettuali a la page. Ad onta dell’indignazione per conflitti di interesse e della difesa della sacralità delle istituzioni pubbliche contro le ingerenze private, si gestisce il pubblico con un settarismo che non cerca neanche scuse. È puro odio ideologico. E tale atteggiamento viene assunto spesso anche da funzionari, dirigenti, impiegati di tali amministrazioni che, contravvenendo al principio di imparzialità dell’amministrazione pubblica, si permettono di discriminare tra le realtà private in base al loro grado di vicinanza partitica. La lottizzazione è al confronto un vertice di giustizia; oggi in molti comuni abita Don Rodrigo.

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